Cap 5
Mi sveglio non molto presto e ho subito motivo d’incazzarmi: non è possibile avere caffè.
Thè quanto ne vuoi, ma caffè scordatelo.
http://grooveshark.com/s/Hotel+Zyannides/31jVi6?src=5
Il caldo è bello tosto e solo ad aprire il cancello e tirare fuori la moto sono già stanco e fradicio di sudore.
La tipa del turno di mattina, che parla russo, mi spiega dove trovare la banca per cambiare denaro.
Trovo il centro del paese, che chiaramente è una lottizzazione a maglia ortogonale di epoca sovietica con tanto di blocchi numerati.
Gli unici edifici di rilievo in quanto a dimensioni sono quelli di posta e banche.
Mi dicono di cambiare i soldi alla posta. Provo a chiedere allo sportello postale ma lì non è possibile cambiare, non so per quale ragione.
Chiamano qualcuno e una signorina mi accompagna alla banca che sta all’isolato vicino.
Lascio la moto aperta, temendo un po ma sapendo nello stesso tempo che a nessuno verrebbe in mente di portarsela via.
In coda allo sportello di banca noto la giovane donna che stava nel suv della sera prima, quello che mi ha portato all’hotel.
Mi guarda ma fa finta di non riconoscermi come se quel buco di paesino fosse pieno di motociciclisti europei.
Chi invece non nasconde la curiosità è il ragazzino che stava con lei in macchina e che ora è in coda anche lui.
Faccio un piccolo sorriso a lui, ma non mi filo di striscio lei, ne nessun altro:
sto incazzatissimo e il mio mal di testa da astinenza da caffeina non è stato minimamente placato dalle 3 o 4 tazze di the prese un’ora prima. Cambio sti ***** di soldi finalmente ed esco casualmente insieme ai due.
Il ragazzino mi chiede se l’albergo era buono. Io stronzamente gli rispondo che no, non era buono.
Il poverino ci rimane male, e ancora quando ci penso mi si stringe il cuore per la mia cattiveria:
crescerà con l’antipatia per i viaggiatori stranieri. E in quel paese di tutto c’ è bisogno meno che quello.
Mi fermo ad una pompa di benzina abbandonata poco fuori il paese a mangiare scatolame e farmi due macchinette di caffè,
riuscendo a conversare quasi piacevolmente con il conducente di una macchina che si ferma per la curiosità.
Sarà una giornata fatta di tante soste per il caldo che letteralmente mi prosciuga.
La prima in una chaikhana sulla strada, affollata di camionisti, dove prendo un the bollente insieme a una tavolata di loro.
Uno vuole farsi le foto con me e lo accontento.
Mi sveglio non molto presto e ho subito motivo d’incazzarmi: non è possibile avere caffè.
Thè quanto ne vuoi, ma caffè scordatelo.
http://grooveshark.com/s/Hotel+Zyannides/31jVi6?src=5
Il caldo è bello tosto e solo ad aprire il cancello e tirare fuori la moto sono già stanco e fradicio di sudore.
La tipa del turno di mattina, che parla russo, mi spiega dove trovare la banca per cambiare denaro.
Trovo il centro del paese, che chiaramente è una lottizzazione a maglia ortogonale di epoca sovietica con tanto di blocchi numerati.
Gli unici edifici di rilievo in quanto a dimensioni sono quelli di posta e banche.
Mi dicono di cambiare i soldi alla posta. Provo a chiedere allo sportello postale ma lì non è possibile cambiare, non so per quale ragione.
Chiamano qualcuno e una signorina mi accompagna alla banca che sta all’isolato vicino.
Lascio la moto aperta, temendo un po ma sapendo nello stesso tempo che a nessuno verrebbe in mente di portarsela via.
In coda allo sportello di banca noto la giovane donna che stava nel suv della sera prima, quello che mi ha portato all’hotel.
Mi guarda ma fa finta di non riconoscermi come se quel buco di paesino fosse pieno di motociciclisti europei.
Chi invece non nasconde la curiosità è il ragazzino che stava con lei in macchina e che ora è in coda anche lui.
Faccio un piccolo sorriso a lui, ma non mi filo di striscio lei, ne nessun altro:
sto incazzatissimo e il mio mal di testa da astinenza da caffeina non è stato minimamente placato dalle 3 o 4 tazze di the prese un’ora prima. Cambio sti ***** di soldi finalmente ed esco casualmente insieme ai due.
Il ragazzino mi chiede se l’albergo era buono. Io stronzamente gli rispondo che no, non era buono.
Il poverino ci rimane male, e ancora quando ci penso mi si stringe il cuore per la mia cattiveria:
crescerà con l’antipatia per i viaggiatori stranieri. E in quel paese di tutto c’ è bisogno meno che quello.
Mi fermo ad una pompa di benzina abbandonata poco fuori il paese a mangiare scatolame e farmi due macchinette di caffè,
riuscendo a conversare quasi piacevolmente con il conducente di una macchina che si ferma per la curiosità.
Sarà una giornata fatta di tante soste per il caldo che letteralmente mi prosciuga.
La prima in una chaikhana sulla strada, affollata di camionisti, dove prendo un the bollente insieme a una tavolata di loro.
Uno vuole farsi le foto con me e lo accontento.
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