Capitolo 4_ A Ja Ljublju SSSR (Ma Io Amo L'Unione Sovietica)
Capitolo 4_ A ja ljublju SSSR (Ma io amo l'Unione Sovietica)
Come sempre, perdonate la prolissità se potete.
http://grooveshark.com/s/A+Ja+Ljublju+SSSR/2GfCBV?src=5
Non ho ancora capito perché ma, soprattutto da queste parti, i posti di frontiera sono preceduti da
immensi rettilinei che tagliano in due il nulla per terminare davanti a una sbarra sorvegliata da un ragazzino in uniforme.
Uscire dall’ Ucraina non ha preso molto tempo: mi dicono che devo fare l’assicurazione temporanea per la moto
ma al botteghino dell’agenzia mi confermano che posso farla dall’altra parte.
Appena arrivato alla sbarra russa il rispettivo ragazzino mi blocca e mi fa compilare il modulo in doppia copia riportante i dati del visto.
Con quello e il passaporto vado al controllo documenti e lì mi fanno compilare la dichiarazione della moto con tutti i dati del veicolo.
Questi due documenti saranno parte integrante della mia identità per i prossimi giorni e dovrò riconsegnarli in uscita dal paese.
Tutta l’operazione prende tre ore buone di un limbo fatto di carte compilate più volte e frasi misto-russo-inglese-calabro.
Guardo i russi superare rapidamente i controlli e spero che qualcuno attacchi bottone e mi dia una dritta per dormire o addirittura ospitalità.
Ma non è così: tutti hanno fretta di andare e la donna allo sportello è particolarmente incazzosa oltre che pignola.
Mi salva la pazienza del suo collega che mi spiega bene, libretto della moto alla mano, come compilare la dichiarazione.
Entro che il sole comincia a calare e mi fermo subito per un caffè e cambio di qualche spicciolo.
La strada d’ingresso è in corso d’opera e mi trovo con macchine in direzione contraria che
mi lampeggiano ma alla fine becco la statale per Rostov- na- Donu (Rostov sul Don).
Asfalto buono, a tratti 4 corsie, e tanto verde intorno.
Punto verso la città anche se di solito le evito, ma mi sembra l’unico posto sulla strada per trovare un internet point.
Ci arrivo che è praticamente il tramonto.
In realtà l’impressione che ho è quella di entrare a Roma da via Tuscolana:
quello che vedo è una serie di centri commerciali con le stesse catene presenti da noi:
Leroy Merlin, Auchan, Ikea, tutti in caratteri cirillici e scritti come si pronunciano ( cosa frequente nella lingua russa).
La città è bella e grande e il navigatore mi porta direttamente in centro.
E ora che faccio?
Inizia una serata vorticosa in cerca di un internet point prima e di un posto per dormire dopo.
Per il primo cerco quello indicto da Lonely Planet senza successo.
Nella strada indicata non solo non c’è un internet point, ma non c’è mai stato.
Per il secondo dei ragazzi per strada mi danno l’indirizzo di un posto dove si dovrebbe spendere poco.
Sta sulle colline dei ricchi in periferia e, ovviamente, costa troppo.
Ridiscendo in città e vedo un locale a metà tra un centro sociale e un club. Perfetto,mi dico.
Mi fermo a chiedere, incoraggiato dagli avventori che si dimostrano cordiali ma sbaglio decisamente posto:
mi accorgo subito di essere finito nel covo dei nazipunk della città.
http://grooveshark.com/s/Alcoholic/4CYPHc?src=5
Loro sono accoglienti e nel giro di due minuti divento il loro eroe attirando gli sguardi carichi di ammirazione e curiosità delle signorine presenti.
Una in particolare è gentile e in inglese fa domande e da indicazioni, mentre mi dice di fermarmi almeno a mangiare con loro:
è chiaramente la donna di uno degli energumeni che si stanno facendo in quattro per aiutarmi, coinvolgendo un ragazzo che parla inglese.
La foga che hanno sti maschioni a petto nudo sudati e pluritatuati (anche con svastiche e roba celtica) è così tanta che che non fanno altro che urlarsi sopra mentre io non ci capisco una mazza.
Memore del malinteso della sera prima col camionista ucraino cerco di lasciare subito quel deposito di testosterone:
non vorrei ritrovarmi a suscitare le gelosie di un pugile professionista, credo sarebbe un problema avere i connotati diversi dalla foto del passaporto.
Vado comunque verso l’hotel Rostov, indicatomi da loro come il più economico della città.
Dalla hall non mi sembra proprio a buon mercato. E infatti la stanza meno cara e sfigata costa 60 (sessanta!) euri.
Ringrazio la tipa alla reception e vado via. Giro in lungo e in largo la città mentre le ore passano e il tempo peggiora. Dovrei anche mangiare.
Dei biker per strada mi portano verso un hotel dall’aria economica ma, con aria indifferente,
la receptionist mi dice che quel posto è solo per chi ha passaporto russo.
E così sarà in molti altri alberghi. Gli unici accessibili ai cittadini non CSI sono quelli costosi.
La guida dice che l’unico a prezzi accessibili è l’hotel dell’aeroporto ma anche lì non mi vogliono perche italiano.
Provo in un altro albergo per me improponibile, ma almeno qui la tipa della reception se la prende a cuore e fa una serie di telefonate,
senza però riuscire a trovarmi un posto da nessuna parte e dispiacendosi seriamente della cosa.
Chiedo in due pompe di benzina se posso accamparmi sotto la pensilina, visto che ormai piove regolare.
Mi rispondono che questo non è normale. ma va?.
Provo a tornare indietro sulla strada che ho fatto per arrivare in città, mi ricordo di aver visto un motel.
Lo raggiungo al buio pesto e sotto la pioggia, ma lì proprio non mi aprono nemmeno .
Torno bestemmiando in città al buio e sotto la pioggia che batte sempre più forte, seriamente tentato di fermarmi a dormire sotto una pensilina del bus. Ritorno sconsolato,fradicio e incazzato all’hotel Rostov che sono le 3.00 di notte, accolto dal sorriso beffardo della receptionist che mi dice “grazie per averci preferito!”. Vado a letto dopo aver pagato 60 euri di sangue e una doccia bollente di mezz’ora.
Ma io amo la Russia.
Capitolo 4_ A ja ljublju SSSR (Ma io amo l'Unione Sovietica)
Come sempre, perdonate la prolissità se potete.
http://grooveshark.com/s/A+Ja+Ljublju+SSSR/2GfCBV?src=5
Non ho ancora capito perché ma, soprattutto da queste parti, i posti di frontiera sono preceduti da
immensi rettilinei che tagliano in due il nulla per terminare davanti a una sbarra sorvegliata da un ragazzino in uniforme.
Uscire dall’ Ucraina non ha preso molto tempo: mi dicono che devo fare l’assicurazione temporanea per la moto
ma al botteghino dell’agenzia mi confermano che posso farla dall’altra parte.
Appena arrivato alla sbarra russa il rispettivo ragazzino mi blocca e mi fa compilare il modulo in doppia copia riportante i dati del visto.
Con quello e il passaporto vado al controllo documenti e lì mi fanno compilare la dichiarazione della moto con tutti i dati del veicolo.
Questi due documenti saranno parte integrante della mia identità per i prossimi giorni e dovrò riconsegnarli in uscita dal paese.
Tutta l’operazione prende tre ore buone di un limbo fatto di carte compilate più volte e frasi misto-russo-inglese-calabro.
Guardo i russi superare rapidamente i controlli e spero che qualcuno attacchi bottone e mi dia una dritta per dormire o addirittura ospitalità.
Ma non è così: tutti hanno fretta di andare e la donna allo sportello è particolarmente incazzosa oltre che pignola.
Mi salva la pazienza del suo collega che mi spiega bene, libretto della moto alla mano, come compilare la dichiarazione.
Entro che il sole comincia a calare e mi fermo subito per un caffè e cambio di qualche spicciolo.
La strada d’ingresso è in corso d’opera e mi trovo con macchine in direzione contraria che
mi lampeggiano ma alla fine becco la statale per Rostov- na- Donu (Rostov sul Don).
Asfalto buono, a tratti 4 corsie, e tanto verde intorno.
Punto verso la città anche se di solito le evito, ma mi sembra l’unico posto sulla strada per trovare un internet point.
Ci arrivo che è praticamente il tramonto.
In realtà l’impressione che ho è quella di entrare a Roma da via Tuscolana:
quello che vedo è una serie di centri commerciali con le stesse catene presenti da noi:
Leroy Merlin, Auchan, Ikea, tutti in caratteri cirillici e scritti come si pronunciano ( cosa frequente nella lingua russa).
La città è bella e grande e il navigatore mi porta direttamente in centro.
E ora che faccio?
Inizia una serata vorticosa in cerca di un internet point prima e di un posto per dormire dopo.
Per il primo cerco quello indicto da Lonely Planet senza successo.
Nella strada indicata non solo non c’è un internet point, ma non c’è mai stato.
Per il secondo dei ragazzi per strada mi danno l’indirizzo di un posto dove si dovrebbe spendere poco.
Sta sulle colline dei ricchi in periferia e, ovviamente, costa troppo.
Ridiscendo in città e vedo un locale a metà tra un centro sociale e un club. Perfetto,mi dico.
Mi fermo a chiedere, incoraggiato dagli avventori che si dimostrano cordiali ma sbaglio decisamente posto:
mi accorgo subito di essere finito nel covo dei nazipunk della città.
http://grooveshark.com/s/Alcoholic/4CYPHc?src=5
Loro sono accoglienti e nel giro di due minuti divento il loro eroe attirando gli sguardi carichi di ammirazione e curiosità delle signorine presenti.
Una in particolare è gentile e in inglese fa domande e da indicazioni, mentre mi dice di fermarmi almeno a mangiare con loro:
è chiaramente la donna di uno degli energumeni che si stanno facendo in quattro per aiutarmi, coinvolgendo un ragazzo che parla inglese.
La foga che hanno sti maschioni a petto nudo sudati e pluritatuati (anche con svastiche e roba celtica) è così tanta che che non fanno altro che urlarsi sopra mentre io non ci capisco una mazza.
Memore del malinteso della sera prima col camionista ucraino cerco di lasciare subito quel deposito di testosterone:
non vorrei ritrovarmi a suscitare le gelosie di un pugile professionista, credo sarebbe un problema avere i connotati diversi dalla foto del passaporto.
Vado comunque verso l’hotel Rostov, indicatomi da loro come il più economico della città.
Dalla hall non mi sembra proprio a buon mercato. E infatti la stanza meno cara e sfigata costa 60 (sessanta!) euri.
Ringrazio la tipa alla reception e vado via. Giro in lungo e in largo la città mentre le ore passano e il tempo peggiora. Dovrei anche mangiare.
Dei biker per strada mi portano verso un hotel dall’aria economica ma, con aria indifferente,
la receptionist mi dice che quel posto è solo per chi ha passaporto russo.
E così sarà in molti altri alberghi. Gli unici accessibili ai cittadini non CSI sono quelli costosi.
La guida dice che l’unico a prezzi accessibili è l’hotel dell’aeroporto ma anche lì non mi vogliono perche italiano.
Provo in un altro albergo per me improponibile, ma almeno qui la tipa della reception se la prende a cuore e fa una serie di telefonate,
senza però riuscire a trovarmi un posto da nessuna parte e dispiacendosi seriamente della cosa.
Chiedo in due pompe di benzina se posso accamparmi sotto la pensilina, visto che ormai piove regolare.
Mi rispondono che questo non è normale. ma va?.
Provo a tornare indietro sulla strada che ho fatto per arrivare in città, mi ricordo di aver visto un motel.
Lo raggiungo al buio pesto e sotto la pioggia, ma lì proprio non mi aprono nemmeno .
Torno bestemmiando in città al buio e sotto la pioggia che batte sempre più forte, seriamente tentato di fermarmi a dormire sotto una pensilina del bus. Ritorno sconsolato,fradicio e incazzato all’hotel Rostov che sono le 3.00 di notte, accolto dal sorriso beffardo della receptionist che mi dice “grazie per averci preferito!”. Vado a letto dopo aver pagato 60 euri di sangue e una doccia bollente di mezz’ora.
Ma io amo la Russia.
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