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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata.

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  • #61
    Cap 5


    Mi sveglio non molto presto e ho subito motivo d’incazzarmi: non è possibile avere caffè.
    Thè quanto ne vuoi, ma caffè scordatelo.
    http://grooveshark.com/s/Hotel+Zyannides/31jVi6?src=5
    Il caldo è bello tosto e solo ad aprire il cancello e tirare fuori la moto sono già stanco e fradicio di sudore.
    La tipa del turno di mattina, che parla russo, mi spiega dove trovare la banca per cambiare denaro.
    Trovo il centro del paese, che chiaramente è una lottizzazione a maglia ortogonale di epoca sovietica con tanto di blocchi numerati.
    Gli unici edifici di rilievo in quanto a dimensioni sono quelli di posta e banche.
    Mi dicono di cambiare i soldi alla posta. Provo a chiedere allo sportello postale ma lì non è possibile cambiare, non so per quale ragione.
    Chiamano qualcuno e una signorina mi accompagna alla banca che sta all’isolato vicino.
    Lascio la moto aperta, temendo un po ma sapendo nello stesso tempo che a nessuno verrebbe in mente di portarsela via.
    In coda allo sportello di banca noto la giovane donna che stava nel suv della sera prima, quello che mi ha portato all’hotel.
    Mi guarda ma fa finta di non riconoscermi come se quel buco di paesino fosse pieno di motociciclisti europei.
    Chi invece non nasconde la curiosità è il ragazzino che stava con lei in macchina e che ora è in coda anche lui.
    Faccio un piccolo sorriso a lui, ma non mi filo di striscio lei, ne nessun altro:
    sto incazzatissimo e il mio mal di testa da astinenza da caffeina non è stato minimamente placato dalle 3 o 4 tazze di the prese un’ora prima. Cambio sti ***** di soldi finalmente ed esco casualmente insieme ai due.
    Il ragazzino mi chiede se l’albergo era buono. Io stronzamente gli rispondo che no, non era buono.
    Il poverino ci rimane male, e ancora quando ci penso mi si stringe il cuore per la mia cattiveria:
    crescerà con l’antipatia per i viaggiatori stranieri. E in quel paese di tutto c’ è bisogno meno che quello.

    Mi fermo ad una pompa di benzina abbandonata poco fuori il paese a mangiare scatolame e farmi due macchinette di caffè,
    riuscendo a conversare quasi piacevolmente con il conducente di una macchina che si ferma per la curiosità.
    Sarà una giornata fatta di tante soste per il caldo che letteralmente mi prosciuga.
    La prima in una chaikhana sulla strada, affollata di camionisti, dove prendo un the bollente insieme a una tavolata di loro.
    Uno vuole farsi le foto con me e lo accontento.









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    • #62
      Cap 5

      Raggiungo Atyrau che è da poco passata l’ora di pranzo e un po mi dispiace di non aver fatto tappa qui la sera prima.







      Mi fermo per capire cosa fare guardando mappa e navigatore, di fronte a un centro commerciale.
      Due ragazzi si fermano a chiedere se ho bisogno di aiuto.
      Secondo quanto dicono, la strada che vorrei fare è ok e ci stanno sia benzinai che centri abitati,
      ma il fatto che dicano essere la strada asfaltata non mi convince affatto:
      da che mondo è mondo sulle mappe i tratteggi neri e grigi indicano sterrati e piste, e la legenda della mia mappa conferma questa simbologia.
      Mi indicano un bazar dove comprare una tanica per la benzina, ma non riuscirò a trovarlo.

      Devo decidere entro la prossima città che è Dossor: lì la strada si divide e puoi andare a nord verso Aktobe o a sud verso Beyneu, l’ultima città prima dell’Uzbekistan.



      A Dossor faccio benzina e decido che andrò verso sud: il tempo stringe e se dopo 14 giorni sono ancora qui corro il rischio di non riuscire a tornare nel tempo previsto.



      Male che vada farò la stessa strada al ritorno.
      Mi maledico per essermi messo in testa questa destinazione così lontana.
      E maledico anche il mio orgoglio che mai mi farebbe tornare indietro.

      Poco prima di entrare a Dossor vedo sulla sinistra un tumulo di pietre con sopra una scultura raffigurante un’aquila.
      Mi fermo a scambiare quattro chiacchiere con gli uomini che armeggiano lì intorno e
      scopro che Dossor è il centro urbano che si scorge in lontananza.

      http://www.youtube.com/watch?v=fplWayTWuMQ

      Di buono c’è che da Dossor la strada diventa un tavolo da biliardo e per niente stancante.
      Mi fermo per l’ennesima sosta poco dopo questa città per comprare acqua e bere un the bollente,
      che da due giorni è l’unica cosa che mi dia un attimo di refrigerio.
      Mi accorgo che in poche ore ho prosciugato i miei tre litri d’acqua e continuo ad avere sete.
      E mi accorgo anche che la doppia presa usb pagata 15 euro si è rotta per le buche e le vibrazioni:
      Fanculo voi e i vostri negozi di accessori “adventure” .

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      • #63
        Cap 5

        Nella chaikhana ci sono due donne anziane e due giovani, molto carine, e una di loro mi porta il the al tavolo fuori.
        Sono fiaccato dopo soli 200 km e questo mi preoccupa molto.
        In questo momento si manifesta palese il retropensiero che scava profonde buche in un angolino del mio cervello da giorni:
        la libertà non esiste ed è solo una presa per il **** momentanea.
        Tutto questa sensazione di catene spezzate, gabbie aperte e bestie in libertà ha una scadenza precisa nel tempo e anche a prenderla larga,
        mi dico duramente, tra qualche settimana sarai di nuovo seduto al tuo PC a disegnare e a dare conto a persone che non ti sei scelto nella vita ma ti danno da lavorare e da campare.
        E sarai anche felice di ritornare ad una vita che, neanche tanto in fondo, sai che non ti piace perché vorrà dire che sei tornato vivo e sano.
        E’ un brutto momento e non dura neanche poco.
        Ma appena in sella mi torna in mente che fin quando sono qui tutto può succedere,
        e tutto quello che sto vivendo ora vale il peso dei tormenti della vita di ogni giorno.
        Potrei andare direttamente a Beyneu dato che, arrivato a Qulsary, ho ancora un paio d’ore di sole fino al buio, ed entrare l’indomani in Uzbekistan. Ma gli eventi decidono per me: mi fermo a calcolare col navigatore quanta strada mi rimane da fare, quando due uomini mi si avvicinano a fare le solite domande. Io ripeto la domanda con cui stresso tutti da giorni a questa parte.
        Stavolta, a differenza degli altri, questi conoscono il territorio e sono sicuri di cosa dicono.
        In particolare quello tra i due che pratica la caccia.
        Mi invitano a prendere una birra nel bar di fronte.
        Ci sediamo al fresco e insieme alla birra ci portano un piatto di un formaggio salatissimo che somiglia a una sorta di scamorza filata ed essiccata.
        Il Cacciatore è sicuro che la strada che ho in mente si possa fare, a maggior ragione con una moto.
        L’altro, che si chiama Ekhemet, mi dice che stasera sono ospite da lui. E daje!
        Ora si che comincia ad essere figo! Con uno slancio riesco a pagare il giro di birre,
        ma il Cacciatore si alza e cazzia duramente la ragazzina che ci ha servito per aver accettato i soldi da me che sono l’ospite.

        Casa di Ekhemet ha camere molto grandi, un soggiorno immenso pieno di tappeti e uno spiazzo sul retro molto grande con
        un piccolo palco di legno anch’esso pieno di tappeti e cuscini. I bambini rimangono esterrefatti di fronte a me e soprattutto alla moto.
        Il figlio del padrone di casa è contento ma perplesso quando lo faccio salire su Sofia.







        Chi letteralmente cambia faccia per la libidine sono gli adulti quando faccio accendere la moto ad Ekhemet:
        nei suoi occhi si legge tutto il senso di potenza fallocentrica dell’avere un motore che romba in mezzo alle gambe,
        oltre alla vaga idea di stare a perdersi qualcosa nella vita.

        http://www.youtube.com/watch?v=NhQyMDBFpUQ

        Chiacchieriamo delle nostre vite, ma la comunicazione non è sempre fluida. Anzi spesso ci sono intoppi.
        E’ così che Ekhemet decide di invitare a cena Samat, un suo amico che parla molto bene l’inglese.
        Ci raggiunge mentre siamo a cena.
        Samat ha più o meno la mia età e i suoi tratti sono un misto tra lo slavo e il kazako.
        Il suo arrivo è provvidenziale e la serata prende un’altra piega.
        Mi spiega che per la loro religione quella è una notte speciale perché vengono giù gli angeli e i desideri si realizzano.
        E se c’è un ospite vale di più e i loro desideri si realizzano prima e più facilmente.
        Gli chiedo se vale anche per me che non sono musulmano. Mi dice che vale anche per me se ci credo.

        http://www.youtube.com/watch?v=Jan2EXYsID0

        Andiamo di brindisi vari. Quando tocca a me brindo all’amicizia che non ha bisogno di lungo tempo per essere vera e profonda.
        Ma, sarà per l’improprietà della traduzione o perché più semplicemente era un brindisi del *****,
        non sortisco l’entusiasmo e la commozione che speravo di suscitare.
        Niente di grave comunque, solo rimangono un po perplessi.
        A fine pasto il capofamiglia recita un brevissimo ringraziamento mentre
        tutti ci guardiamo i palmi delle mani e alla fine facciamo il gesto di lavarci il viso, con un solo movimento dall’alto verso il basso.
        Poi i bambini a letto, la donna a rassettare, gli uomini in giardino.


        Dalla vostra sx: L'Amico, Ekhemet, io, il Cacciatore, Samat.

        In giardino il Cacciatore mi spiega la strada e Samat traduce in inglese.
        Disegniamo sulla mia mappa la strada e i segni che dovrebbero guidarmi.
        Mi dicono che la strada è praticabile e in moto non avrò problemi, essendo più agile di un auto.
        Mi rassicurano sul fatto che è terra dura e pietre, e non c’è sabbia fine sulla quale rischio di sbandare o di insabbiarmi.
        Di centri abitati non ce n’è:
        ci sono fattorie, ricoveri per i cammelli e si trovano cacciatori e gente che utilizza le piste per andare da un posto all’altro senza usare
        la statale che fa davvero pena.E per un tratto di un centinaio di km non c’è nessuno proprio.

        http://www.youtube.com/watch?v=Vi7XqGxWmKI

        Secondo loro questa è la strada migliore per andare ad Aral, dato che la statale che passa da Aktobe è veramente infernale e , a detta loro, tutti gli abitanti della zona usano quelle piste per spostarsi.
        Mi parlano di rilievi montuosi che dovrebbero apparire sulla destra,
        di pozze d’acqua termale che al mattino presto sono ancora piene, di fiumi di pietre e di tracciati trasversali come punti di riferimento.
        Il Cacciatore vuole sapere perché voglio andare ad Aral.
        Il voler vedere il cimitero delle navi e il lago che si prosciuga è una risposta sufficiente, anche se, a giudicare dalla sua espressione,
        un tantino da squilibrato per lui.
        Chiaramente devo portare con me una riserva di benzina e acqua.
        Samat parla di 20 litri d’acqua, ma gli faccio notare che ho una moto e non un suv.
        Considerando i consumi di questo spettacolo di moto che mi ritrovo, con i miei 23 litri di serbatoio e 5 o max 10 litri di tanica dovrei farcela, tenendo conto dei 23/24 km/ litro degli ultimi giorni.
        Se considero una velocità media di 40/50 kmh, partendo presto e senza distruggermi, fino al tramonto dovrei fare circa 400 km,
        dormire nel nulla e poi il giorno dopo essere al cimitero delle navi.
        Di conseguenza le mie due borracie da 1.5 litri, insieme a una damigiana da 5 litri, è una riserva d’acqua sufficiente.
        L’idea mi attizza tantissimo. Gia mi vedo come un puntino nero nel deserto in mezzo alla polvere a dormire nel nulla più nulla.
        Quello che mi preoccupa è la possibilità di poter essere soccorso in caso di problemi.
        E’ regola numero uno che non si vada mai in fuori strada da soli.
        Un conto è stare su una strada: anche se sterrata e nel nulla, qualcuno prima o poi passa.
        Samat mi dice, quasi seccato, che qualcuno lo incontrerò di sicuro per i motivi di cui sopra, ma sta a me decidere.
        E decido che ci vado.
        Beviamo l’ultima birra cazzeggiando e parlando della bellezza delle donne italiane.
        Mi dicono che il loro amico vorrebbe venire da noi e sposare una donna come la Bellucci.
        Mi chiedono se secondo me è fattibile. Senza dubbio, tovarish! Vieni e ne troverai decine pronte a sposarti!
        Samat mi lascia il suo numero di telefono e si raccomanda di chiamarlo se succede qualcosa e, in ogni caso, quando arrivo a destinazione.
        Ekhemet sequestra tutti i miei dispositivi elettronici e li mette a caricare da qualche parte in casa.

        Io ottengo di dormire sul palco in giardino, sotto le stelle.
        Solo ora la temperatura è perfetta, con un venticello mite che mi accarezza sotto un cielo pieno di stelle e
        nessun materasso varrebbe questo spettacolo.
        E’ la notte del 14 Agosto 2012, penso agli amici che in questo momento , in Italia, allestiscono falò sulla spiaggia,
        alla mia metà nel bel mezzo della sua giornata in Ecuador.
        Io sono in Kazakhstan, Asia Centrale, e sto per addormentarmi sotto le stelle di un cielo che non ha confini.
        E domani vado nel deserto.

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        • #64
          Cap 5



          http://grooveshark.com/s/Min+Kalbi/3IhXQY?src=5

          Sarà per il lieve freschetto sopraggiunto verso le 4.00, più probabilmente per l’emozione, fatto sta che alle 5.00 sono gia pienamente operativo.
          Il sole non è ancora emerso dall’orizzonte che io sto cercando un angolino riparato dal vento per fare la prima macchinetta di caffè .
          Inizio con i preparativi: oliare la catena, dare una scrollata al filtro dell’aria in cartone ancora pulito (quello in spugna della touratech non arrivò mai), caricare la moto in maniera più equilibrata possibile.
          Dedico qualche minuto alla vestizione: oggi niente canottiera ma maglia in cotone a maniche lunghe,
          in modo da riparare la pelle dall’azione diretta dell’aria rovente.
          Tolgo gli stivali Soho della Alpinestar , egregi su strada anche con queste temperature( viva il Gore-Tex) ma con suola pressoché liscia.
          Metto gli anfibi della Magnum, più caldi ma di sicuro più fascianti alla caviglia e con una suola più adatta al fuori strada.
          Metto su anche il foulard rosso e grande lasciatomi dalla mia bella, che in caso di sosta al sole è abbastanza grande da coprirmi viso e testa.
          L’unica cosa che non posso cambiare è il giubbotto NL5 della Spidi che, anche se traforato, è comunque nero e fa caldo solo a guardarlo
          ( cosa di cui mi rimproverava il giorno prima il Cacciatore, dicendomi che ho bisogno di indumenti chiari per girare a queste latitudini).
          Alle 6.00 sarei gia pronto per partire, ma non ho idea di dove siano tutti i miei dispositivi
          (telefono, fotocamera, videocamera) e il padrone di casa ancora non si vede.

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          • #65
            Cap 5

            Né tantomeno mi hanno detto dove comprare la kanistra per la benzina, avendo ricevuto promessa di averla in dono da Ekhemet.
            Sono le 7.30 passate quando finalmente il mio ospite compare in giardino e , letteralmente, mi ordina di andare a fare colazione.
            Scopro a mie spese quello che avevo intuito l’anno prima in Turchia, ovvero che l’ospitalità islamica può diventare
            un piccolo e benevolo sequestro di persona.
            Dopo la colazione si va a prendere la tanica e a riempirla di benzina.
            Non prima che il mio amico abbia fatto tutti i suoi giri di lavoro, mentre si alza una discreta tempesta di sabbia.
            Mentre siamo fermi non so dove, vedo passare due moto da enduro, e vorrei correre da loro e dirgli di fermarsi e aspettarmi .
            Sto per diventare preda di un’ angoscia sottile e penetrante: sarei pronto da ore per partire,
            ma sono costretto a subire un’ ospitalità che non ammette deroghe e deve essere attuata fino in fondo con
            tempi e modi che cominciano a diventarmi nocivi.
            Alla fine, come promesso, è lui a darmi una delle sue taniche in acciaio,
            recuperata in una sorta di officina TIR di sua proprietà,
            non prima di aver diretto le operazioni di carico di un intero motore sul pianale di un cassone scoperto di
            un minaccioso camion Kamaz di epoca sovietica.
            C’è solo un problema:la tanica è da 20 litri, per me pesantissima!
            Un’ altra mezz’ora o poco più va via mentre facciamo la fila per riempirla. Io sono incazzatissimo e nervosissimo.
            Anche perché devo di nuovo sistemare i bagagli, avendo preventivato 10 litri di tanica e non più.
            Alla fine riesco a partire che sono le 12.00 ora locale. Ho con me 20 litri di benzina e, non avendo più posto, solo 4 di acqua in totale
            (le due bottiglie in alluminio della Quechua da 1.5 lt e il rimasuglio di una bottiglia ghiacciata).
            Ci metto poco a trovare la strada da fare: mi viene indicata una strada bianca che si dirama a destra della strada per Enbaaul.
            Si tratta di un rilevato stradale molto ampio di fango rinsecchito, in alcuni punti davvero impraticabile per le buche e i solchi dei veicoli.
            Credo risalga ai tempi dell’URSS, visto che di tanto in tanto si scorgono brandelli di asfalto ingrigito e sbriciolato.





            La cosa più conveniente da fare è utilizzare una delle centinaia di tracce che corrono nella stessa direzione
            utilizzando la strada bianca come riferimento.
            La cosa è fattibile: la consistenza del terreno è buona e anche quando si incontrano dei tratti sabbiosi,
            questi non sono mai così soffici da farmi rischiare una caduta.
            Occorre però stare attenti: quando si comincia a prendere velocità i ciuffi di sterpaglie sono abbastanza duri e destabilizzano un po’.
            Ma il problema vero non è questo, affatto.
            La vera difficoltà è data dal peso complessivo della moto:
            prima ero pesante ma ora, con 20 litri di benzina sul sedile posteriore,
            ho completamente annullato l’agilità di un mezzo nato per queste cose.
            E’ come se mi portassi dietro due serbatoi invece che uno.
            Certo, il peso è ben bilanciato: su asfalto sarei un proiettile di una stabilità invidiabile.
            Ma in questa situazione ogni avvallamento o buca fa scendere vicino al fondo corsa l’ammortizzatore posteriore.
            Per di più in diversi tratti devo rallentare l’andatura per l’incertezza e il peso,
            e il fatto di essere così pesante mi rende difficile manovre repentine che sarebbero necessarie a evitare intoppi.
            Provo a salire per un paio di volte sulla dura pista fangosa, ma i profondi solchi lasciati dai SUV e
            la superficie generalmente dissestata mi fanno ridiscendere.

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            • #66
              Cap 5

              La pista a lato è divertentissima da guidare e tutta la situazione lo sarebbe, ma io non me la sto affatto spassando.
              Sono pensieroso. Sono preoccupato. Di colpo mi si chiarisce cosa non mi convinceva finora.
              Tutte le raccomandazioni e dritte che mi hanno dato vengono da persone che si muovono in auto:
              i venti litri di benzina, farmi partire a mezzogiorno, usare una tanica in plastica
              (“quando la svuoti poi la bruci”, diceva Samat) sono tutte cose che fai tranquillamente se hai 4 ruote e un climatizzatore.
              Oltretutto in 30 km di pista non ho incontrato essere vivente se non mandrie di bovini e di cammelli.
              Un fil di ferro arrugginito che mi finisce tra i raggi mi fa temere il peggio ma è un falso allarme.
              Poco più avanti scorgo i volumi di una fattoria che spiccano scuri contro l’azzurro del cielo.
              Devio e mi fermo nella speranza che ci sia qualcuno a dirmi se la direzione è giusta.
              E’ completamente deserta e dal puzzo acido è sicuramente un ricovero per cammelli.
              Ricevo un sms di mio fratello, il più grande, che mi chiede se sono gia di ritorno.
              E tutto questo mi fa agitare ancora di più, arrivando in questo momento di perplessità come un segno del Cielo.
              Telefono a Samat per sapere se la direzione è corretta e mi risponde affermativamente,
              anche se non lo convince il fatto che all’una stia ancora lì.

              http://www.youtube.com/watch?v=tzfxa7qGMRY

              Riparto seguendo la bussola in direzione sud-est.
              Il caldo si sente tanto, ma l’accorgimento della maglia mi fa sopportare meglio il vento arido.
              Nonostante questo, tiro le somme e mi convinco che è il caso di tornare indietro.
              Mentre vado in linea retta a bassa velocità mi dico :
              ” No, non è il caso di continuare. Metti che succede qualcosa…
              non tanto bucare che pure sarebbe una rottura di palle, ma se cado e mi rompo qualcosa chi mi recupera?
              E metti che poi…”

              VRROOUUUUMMMMM BL BLSSTCIUFF SPUTT!!!!!

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              • #67
                Cap 5

                Sento la moto e tutto me stesso arrestarsi e sprofondare come se una mano gigantesca fosse sbucata da sottoterra a tirarci giù.
                In un attimo le mie scarpe poggiano sul fango mentre io urlo le mie Madonne al deserto indifferente.
                Sì, *****! è successo quel qualcosa che non doveva succedere:
                Mi sono impantanato nel fango di una delle migliaia di croste essiccate su cui sono passato.
                Solo che questa era essiccata in superficie e fresca sotto: le pozze termali piene al mattino, vaffanculo!
                Smonto dalla sella e provo inutilmente a spingere mentre do gas.
                Nulla!
                Scende ancora di più.
                Provo a mettere sotto la ruota un pezzo di legno trovato lì vicino dopo aver provato con una pietra piatta.
                Nulla!
                Anche togliendo i carichi dalle valige e gli strafottutissimi venti litri di benzina.
                Sprofonda fino a toccare con le valigie mentre io sono un pezzo di fango maleodorante fino alle ginocchia, assalito da mosche assetate.
                Era meglio bucare, molto meglio!
                Non c’è copertura GSM ma niente panico:
                considerando che dalla fattoria ho fatto non più di 10 km tutta questa situazione si traduce in
                una enorme, grandissima, incommensurabile rottura di ***** e niente più.



                Mentre metto insieme bagagli e giubbotto e copro la tanica di benzina,
                maledico me stesso per la mia stupidità e penso che se fossi stato insieme a un’altra moto,
                tutto questo sarebbe stato motivo di gran risate e divertimento.
                Mi incammino alle due del pomeriggio con macchina fotografica,
                portafogli e borraccia da un litro e mezzo sotto il sole cocente, la testa avvolta nello scialle.



                Mentre vado controllo spesso il telefono per verificare la copertura.
                Ma nulla per km e km.
                La borraccia si svuota rapidamente, anche se centellino ogni goccia.
                Più che bere, mi inumidisco bocca e labbra.

                http://www.youtube.com/watch?v=ez0Z1o-nQ-E

                Dopo forse un’oretta comincio a sentire voci di donna in lontananza,
                ma intorno non c’è nessuno: è lo sciacquio della poca acqua nella borraccia e,
                anche se ho scoperto da dove proviene, continuo lo stesso a sentire voci di donna che cantano lontane o mi sussurrano all’orecchio.
                Così come sento suonare il telefono, anche se so di essere fuori campo.
                E alle allucinazioni si aggiungono i miraggi.
                Sulla sommità di una piccola collinetta vedo dei volumi scuri apparire nell’aria ondeggiante per il caldo.
                Credo sia la fattoria; in fondo non ho fatto molti kilometri da lì prima di affondare la moto.
                Ringalluzzito dalla meta che si avvicina accelero il passo ma, man mano che mi avvicino,
                mi accorgo che la vista è solo una visione che svanisce al mio approssimarmi.
                E questo per altre due o tre volte almeno, tanto che alla fine non ci credo più.
                In tutta questa desolazione neanche un albero, un cespuglio, un arbusto più alto di un ciuffo dove ripararmi.
                Sfilano davanti a me animali come lepri , in lontananza vedo qualcosa somigliante a una volpe.
                In cielo volano un paio di quelli che sembrano falchetti e mi viene da ridere pensando ai western in cui
                il malcapitato sta per morire nel deserto e gia gli avvoltoi sono pronti a far banchetto con la sua carogna.
                Penso che a quest’ora i miei stanno per scendere a mare mentre mia cognata prepara, insieme alla madre,
                un pranzo che farà crollare i commensali per sopraggiunti limiti di capacità gastrica.
                Penso che la mia metà sta ancora nell’ultima fase R.E.M. prima del risveglio tra i monti dell’Ecuador,verdi e umidi,
                e magari sogna un deserto ingiallito da un sole spietato con in mezzo una strada bianca.
                E mi chiedo che minchia ci stia facendo io quì.

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                • #68
                  Cap 5

                  Dopo tre ore e mezzo di cammino sono alla fattoria dei cammelli puzzoni e finalmente posso mettermi all’ombra.
                  La mosca con cui ho fatto amicizia nel fango tuttora non mi molla.
                  Mi ritrovo a parlare con lei e a chiederle di lasciarmi perdere per qualche minuto.
                  Sarà stata un’allucinazione anche quella, ma mi ha accontentato.





                  La prima telefonata a Samat non va a buon fine.
                  Sono comunque pronto al piano B, ovvero riposarmi e raggiungere la città di notte.
                  Al secondo tentativo risponde e gli spiego la situazione chiedendogli di venirmi a prendere con
                  un mezzo capace di tirare la moto e di portare anche un cavo di traino.
                  L’impressione che ho è quella di procurargli un certo fastidio e me ne dispiaccio.
                  Mi aspetto che inizi un giro di rimpalli tra lui e i suoi amici e che alla fine sbuchi il Cacciatore con un SUV clamorosamente attrezzato.
                  In realtà al mio istinto di sopravvivenza poco importa di rompere le palle:
                  sarei tornato indietro da me se non avessi avuto quel contrattempo.
                  E comunque mi ha dato disponibilità e l’ho allertato.
                  Su sua richiesta gli invio le coordinate gps e mi dice che entro un’ oretta dovrebbe essere lì.
                  Il tempo non passa più. Mi sento completamente arso e neanche fumare mi da sollievo.
                  L’unico punto in cui il telefono funziona è in pieno sole e ogni volta che vado a vedere se ci sono novità è una tortura.
                  E’ chiaramente visibile al centro dello spiazzo della fattoria un pozzo.
                  Se non avessi trovato Samat al telefono, avrei tirato su l’acqua per i cammelli e bevuto per poi arrivare in città e ricoverarmi per epatite e tifo, anche se vaccinato per questo.

                  giusto per capire :



                  Vedo all’ orizzonte una nuvola di polvere sfrecciare lontano da me verso delle casupole e chiamo samat credendo sia lui.
                  Non è lui che vedo ma mi dice che arriveranno con un “truck with a blue cabin” entro pochi minuti.
                  Alla fine arrivano con una UAZ grigia degli anni forse 60.
                  E’ bellissimo vedere arrivare in mezzo alla polvere quattro ruote amiche.
                  Ed è ancora più bello trovare dentro questo furgone 10 litri d’acqua:
                  la più buona e fresca e dolce di tutta la mia vita anche se discretamente calda.
                  Salgo dietro nel furgoncino guidato dal fratello, che ovviamente conosce quella zona come le sue tasche.
                  Sono stupefatto dall’agilità di questo scassone di 50 anni che con 4 ruotine si arrampica ovunque.

                  http://www.youtube.com/watch?v=zjCTbgCisCk

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                  • #69
                    Cap 5

                    Ilmio punto di riferimento sono tre cespugli in fila.
                    Percorriamo 15 km prima di raggiungere la moto.
                    Per prima cosa il fratello di Samat apre lentamente, facendola sfiatare, la tanica di benzina, ormai pronta esplodere dopo ore sotto il sole.
                    Samat mi dice, un po ridendo un po incazzandosi:
                    “ Antonio, sei nel deserto perché sei passato da qui? Potevi andare lì, o lì, o lì! Proprio qui dovevi passare?”
                    “Samat, sono una persona precisa, se vedo un bersaglio miro al centro!”
                    Comunque sia, attacchiamo il cavo al gancio di emergenza sulla forcella e io e Samat restiamo nel fango a spingere.
                    Dopo un po di Madonne riusciamo a tirarla fuori e
                    dopo le foto di rito stiamo per qualche minuto a togliere il grosso del fango infilatosi in ogni cavità.





                    Caricate le borse e la benzina sul furgone vado dietro a loro per ritornare a qulsary.
                    E mi sembra un'altra moto: altissima, leggerissima e guidabilissima.
                    Mi rendo conto che se non avessi avuto tutta quella benzina probabilmente sarei uscito dal fango senza affondarci.
                    Magari sarei sbandato, avrei dovuto forzare un po ma non ci sarei finito dentro così.
                    Passiamo dalla fattoria perché Samat vuole finire la sua predica.
                    Mi indica il lastrone di cemento al centro del piazzale chiedendomi se so cos’ è quello.
                    Gli dico che lo so, ma lui alza lo stesso la botola e tira su un secchio di acqua piena di mucillagine
                    facendomi lezione sulla transumanza dei cammelli:
                    Quel ricovero è abitato d’inverno quando i cammelli stanno al chiuso.
                    Ora è estate e sono liberi e per questo non c’è nessuno a viverci.
                    Gli dico che tutto questo l'avevo capito e che i ricoveri invernali delle bestie ce li abbiamo anche noi , ma prima di beccarmi l’epatite ti chiamo e ti chiedo se ci sei. Se so che vieni non bevo, altrimenti bevo. Lui mi risponde secco: “This is not Italy. This is the real world.”

                    Vorrei rispondergli che quello è il terzo mondo, ma la mia autostima dopo quest’ultima stoccata crolla a livelli sotterranei.
                    Con la coda tra le gambe e le orecchie basse accendo la moto e seguo la UAZ con dentro i fratelli Kushembaev
                    mentre solca le piste migliori di quel deserto che non ho saputo prendere bene.

                    http://www.youtube.com/watch?v=-lV_xAnqmrk
                    http://grooveshark.com/s/Day+One/4SHIZa?src=5

                    Il tramonto è fantastico coi suoi rossi intensi e blu sul pallore della sabbia.
                    Non ho mai visto questi colori e lo spettacolo mi ripaga di tutta la fatica del viaggio fatto finora.
                    Seguo la nuvola di polvere davanti a me cercando di non avvicinarmi troppo per non respirarla.
                    Questo polverone ha un aspetto amichevole e familiare.
                    La sera prima, com’è ovvio, non potevo fidarmi completamente di queste persone, anche se ho dato credito alle loro parole.
                    Quando mi chiesero quanto costasse la mia moto ho detto qualcosa come 1500 euri mentendo spudoratamente:
                    subito mi hanno proposto di iniziare un import export di moto usate dall’Italia al Kazakhstan.
                    Mi chiedevano quanto guadagno, come vivo. domande normali ma la situazione non era normale.
                    Non è cattiveria, ma sono da solo a migliaia di km da casa, dove nessuno mi rivendica,
                    e questi potrebbero benissimo farmi trovare qualcuno 10 km più avanti sulla mia strada,
                    fottermi tutto e farmi sparire nel nulla.
                    Non li conosco, eppure mi sono venuti a salvare.
                    Sembrerebbe di vivere uno spot dell’amaro Montenegro, se non fosse per il fatto che invece di archeologi cazzuti e anfore da salvare
                    quì c’è un cretino su una moto venuto da lontano per cacciarsi nei guai.
                    Mentre finalmente mi godo la sabbia del deserto, zompettando e sgommando sugli avvallamenti, penso che
                    Cristo dopo quaranta giorni di deserto è tornato da Messia, io dopo tre ore ritorno da coglione.

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                    • #70
                      Cap 5

                      Ci avviciniamo alla città in un punto diverso da dove ero partito e andiamo verso casa del fratello di Samat.
                      Lì vengo accolto dalla moglie, dal figlio e dalla madre.
                      Sono tutti sorridenti e ospitali e anche se Samat continua a infierire con il suo sguardo e le battute,
                      la disavventura non sembra aver scalfito l’immagine del viaggiatore avventuroso mentre io vorrei solo sprofondare.
                      Samat insiste perché io sia suo ospite per la notte e non accetta storie.
                      Carico la moto e per ringraziare lascio la tanica di benzina al fratello.
                      E do 20 euro come souvenir al ragazzino, facendo un po indispettire la nonna che mi chiede se ho bisogno di soldi.

                      Samat vive anche lui in una casa a un solo livello con ampio soggiorno ma,
                      a differenza di Ekhemet, non ha un bagno interno in costruzione, cosa che qui è una vera schiccheria.
                      Faccio una doccia nel bugigattolo in legno nel giardino e l’acqua del boiler solare è davvero a temperature da ustione.
                      Il mio amico vive con la giovane moglie dall’aria dolce e gentile, le due bambine e il padre, un simpatico signore sui 70 anni circa.
                      La moglie di Samat, a differenza di quella di Ekhemet, porta il velo.
                      Prima di cena Samat mi mette a disposizione il suo computer con skype e finalmente riesco a vedermi via monitor con la mia metà che,
                      appena vista la mia cera, ha subito avuto bisogno di rassicurazioni che non fosse successo niente di grave.
                      Le dico della disavventura e del fatto che non mi sento così convinto di andare avanti,
                      che la meta è troppo lontana e a questi ritmi non è più una vacanza.
                      Non nego di innervosirmi un po quando mi chiede lumi su tempi e modalità del mio ritorno,
                      se via terra o via mare e quando. Non ho la più pallida idea di che direzione prendere né di quanto tempo avrò bisogno.
                      E forse la cosa che più mi infastidisce è che tutti mi ricordano che devo tornare, prima o poi.
                      La conversazione dura comunque pochi minuti, dato che la cena è pronta e arriva l’ordine di andare a mangiare.
                      La padrona di casa ha preparato una cena davvero squisita,
                      ma la cosa che di più gradisco è il thè bollente che facciamo raffreddare in tazze simili a dei piattini alti.
                      L’insalata è addirittura condita con olio d’oliva di cui i padroni casa vanno fieri, anche se da noi farebbe ridere definirlo tale.
                      Samat conosce molto bene l’inglese perché rappresentante di una ditta che costruisce ricambi di parti meccaniche e
                      per lavoro viaggia spesso in tutta l’Europa.
                      La moglie non sta ferma un attimo, provvedendo sempre a portare altro the o acqua e pietanze.
                      Quando mi alzo per riempirmi da solo il bicchiere d’acqua, lui quasi si offende dicendo che dev’ essere La moglie a farlo per me.
                      Capisco che quello che per me è un normale gesto di cortesia, in quella casa diventa mancare di rispetto a un ruolo preciso e importante.
                      Dopo cena usciamo in giardino con le bambine dove, a stomaco pieno, posso fumare finalmente con gusto una sana sigaretta di tabacco.



                      I suoi modi sono schietti e diretti.
                      Mi chiede secco: -“Allora Antonio… hai una fidanzata ma hai 40 anni e ancora non sei sposato. Perché non sei sposato?”
                      Dico anche a lui quanto detto al commensale in Russia, la storia dei costumi che sono cambiati etcetera.
                      Lui mi risponde: -“ E’ per questo che non lasciamo libere le nostre donne, così la società va avanti senza problemi!”
                      Non posso non pensare ai dispiaceri che tra qualche anno gli provocheranno le due splendide bambine,
                      quando diventeranno adolescenti incontenibili nell’era dell’internet 2.0 mentre lui invecchierà rammaricandosi del mondo che cambia.
                      Parliamo un po della sua nazione. Mi dice che in quelle zone ci sono escursioni termiche di 100 gradi.
                      Anche se stiamo sotto il livello del mare in inverno si a arriva a -40 gradi.
                      Mi informa che la giornata appena passata ha toccato punte di 60 gradi.
                      Non ci sono tensioni separatiste in nessuna regione del Kazakhstan,
                      il popolo è abbastanza compatto e non dice niente di spiacevole nei confronti del presidente Nazarbaev che dal 1989,
                      con vari stratagemmi, governa incontrastato.
                      Del resto il Kazakhstan è un’invenzione dell’URSS per dare un’ inquadramento a una confederazione di tribù nomadi (raggruppati in tre Orde) che nel 18° secolo giurarono fedeltà alla corona russa.
                      E’ sempre stato un tratto distintivo di questo popolo la multi etnicità, e l’attuale governo tende a fare di questo tratto un motivo d’orgoglio.

                      Dopo altre chiacchiere in giardino insiste per mettere le mie cose in lavatrice e guardare insieme il da farsi per il prosieguo del mio viaggio.
                      Valutiamo il trasporto aereo dall’Uzbekistan o dal Kazakhstan ma costa un fottìo.
                      Dice che dovrei contattare uno spedizioniere amico suo per mettere la moto su un tir,
                      ma l’ipotesi è improponibile per me: è il mio unico mezzo di trasporto e deve tornare a Roma con me.
                      Quando poi cominciamo a guardare googlemaps succede qualcosa che ancora non mi spiego completamente.
                      Praticamente inizia a bloccare tutte le mie alternative:
                      Mi sconsiglia di andare in Uzbekistan da Beyneu dicendo che la strada è allucinante.
                      Mi parla di sabbia alta e tir che alzano polveroni impenetrabilii.
                      Gli dico che allora vado nel Mangystau a vedere le moschee sotterranee:
                      -“Peggio! Anche se segui le Uaz che portano i fedeli in pellegrinaggio non è sicuro che ci arrivi perché anche loro ci si perdono.
                      E poi ci sono dei canion che si aprono dal nulla e corri il rischio di caderci dentro.”
                      -“ Sì, ma da fort Schevchenco potrei prendere un traghetto che mi porta in russia.”
                      -“ Si ma non sempre ci sono e non portano passeggeri. Ma poi… perché vai in Uzbekistan? Lì c’è miseria, la gente scappa da lì per venire qui da noi. E’ tutto deserto, sono rozzi e arretrati, nessuno parla russo e non troverai un collegamento internet. E poi c’è sempre quella strada maledetta da fare: sono 600/650 km senza benzina ne civiltà.”
                      -“ Ok, ma è una via di collegamento principale e io ho visto foto di quella strada ed è asfaltata.”
                      -“ No, non lo è. E’ solo sabbia.”
                      -“Allora vado su una pista parallela”
                      -“Guarda quante sono, corri il rischio di perderti”
                      -“Allora mi oriento con la ferrovia”
                      -“La ferrovia? Mai sentito di qualcuno che si orienta con la ferrovia.”
                      -“…”
                      -“che cosa strana! Orientarsi con la ferrovia!”
                      -“E allora che faccio? Torno a casa?”
                      -“Sì, secondo me è meglio se torni a casa.”
                      -“…”
                      Quest’ultima conversazione ha letteralmente distrutto la mia ormai tentennante voglia di andare avanti.
                      Se qualcuno che è nato e cresciuto in quei posti mi dice queste cose, vuol dire che non è cosa mia attraversare quei territori.
                      Se tutte le strade sono delle piste e il clima è così inclemente,
                      che possibilità posso avere io di andarmene tranquillamente in giro, per di più da solo?
                      C’è una vocina che mi sussura l’incongruenza con i suggerimenti di ieri sera,
                      quando mi si diceva di andare tranquillamente nel deserto vero,
                      mentre adesso anche le strade principali sono impraticabili e pericolose.
                      La cosa non quadra proprio alla vocina. Ma non la ascolto.
                      Mando un sms alla mia bella dicendole che non me la sento, che torno indietro e che vado a finire la mia vacanza nel Caucaso,
                      per poi prendere un traghetto sul mar nero che mi porti da qualche parte verso ovest.
                      Ottengo anche in questa casa di dormire sul palchetto in giardino, sotto le stelle.
                      Rimaniamo d’accordo che l’indomani andremo a lavare la moto, prima di ripartire verso ovest.
                      Forse per la stanchezza della camminata nel deserto a 60 gradi, forse per il sole che ho beccato,
                      la prospettiva di tornare indietro non mi sconvolge più di tanto e
                      mi addormento nella brezza notturna che per qualche ora mi accarezzerà infarinandomi leggermente con la sabbia del deserto.
                      Un sms della mia bella mi dice che per andare avanti qualche volta bisogna tornare indietro.
                      Questo mi rasserena facendomi dormire un sonno tranquillo e ristoratore.
                      -“ Non devo dimostrare niente a nessuno se non a me stesso”, mi dico mentre scivolo nell’oblio,
                      ” e se a me sta bene non importa cosa ho detto al mondo prima di partire.
                      Quindi fanculo tutto: Samarcanda, il viaggio, l’avventura e tutte queste minchiate.
                      Ora dormo e domani torno indiet…..RONF!”-
                      Ultima modifica di Totò le Motò; 10-01-13, 20:01.

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                      • #71
                        ciao e complementi per il resoconto del tuo viaggio corredato di belle foto documentario
                        io sono passato su quel ponte di ferro galleggiante il 3 di agosto mentre stavano saldando alcune lastre senza interrompere la circolazione.
                        Anche se ammiro il tuo coraggio per affrontare certi percorsi appena descritti mi permetto anche di scrivere che un po, anzi molto, incosciente lo sei stato e sono certo che anche tu pensandoci ora non lo faresti più.
                        bisogna godersi il viaggio e non pensare solo alla meta

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                        • #72
                          non me ne intendo molto di motori però il fatto che la moto dopo che è stata tirata fuori dal fango dopo esserci stata alcune ore e che non abbia avuto problemi: elettrici, freni, marmitta, ammortizzatori ed altro, questa è una bella cosa ed è un segnale in più sulla sicurezza e funzionalità degli ultimi modelli
                          bisogna godersi il viaggio e non pensare solo alla meta

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                          • #73
                            l'incoscienza

                            Incosicienti lo siamo tutti qua dentro: credo che a tutti noi parenti ed amici non motociclari guardino come degli scriteriati con una passione incomprensibile e pericolosa. Sono stato fortunato: avrei potuto trovare lo stesso intoppo 100 km più avanti senza nessuno intorno. O forse no, sarebbe andato tutto liscio. So solo che la curiosità era tanta, avevo voglia di farlo e ho cercato di non essere impreparato. Quando ho visto la situazione reale ho deciso di tornare indietro ma prima di trovare uno spazio per la manovra ho incontrato il fango.
                            E comunque lo rifarei, certo. Quel sentiero mi è rimasto sullo stomaco e prima o poi ritornerò per attraversarla quella landa, ovviamente non da solo e con più veicoli. o forse anche da solo, mah!

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                            • #74
                              alcune delle esperienze più belle e significative nascono proprio da episodi come questo
                              non è solo incoscienza ... per me è qualcosa di più ;) e non è un qualcosa di negativo !!!

                              altrimenti insomma ... invece che fari i motociclisti faremmo danza classica o giocheremmo a scacchi !!!

                              grande Totò
                              bel viaggio , raccontato molto bene

                              :yeah:
                              Meglio regnare all'Inferno che servire in paradiso
                              MOTOGUZZI Stelvio 8V NTX (Circe) - 28.000 km
                              CLUB DEGLI ILLUSI MOTOGUZZI - Tessera n° 28 ( I seni- 'I zizze )

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                              • #75
                                per quanto anche la danza classica ha i suoi rischi eh!
                                grazie, spero di non annoiarvi con la mia prolissità...

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