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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata.

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  • Cap 8

    Ora basta che sto diventando pesante.



    Tornando a noi: In poco tempo sono a Vladikavkaz e da li si inizia a salire verso le montagne, seguendo la A-301 che si infila dentro una gola segnata da un fiume.
    Finalmente inizia a fare fresco e prima della frontiera mi fermo per le sigarette e, finalmente, un caffè georgiano, bello cremoso, nero e saturo di caffeina.
    Una vera goduria per gli assuefatti alla caffeina.
    Il tempo, anche se un po’ nuvoloso, è buono e, se si mantiene così anche dall’altra parte, posso arrivare a Tbilisi in serata.
    So già dove andare: voglio tornare alla Dodo’s Guest House dove l’anno scorso ridendo e scherzando ho trascorso 5 giorni bellissimi.
    La strada sale sempre di più in questo paesaggio, bello ma non quanto quello del versante meridionale.





    Pregusto la Strada Militare Georgiana mentre arrivo alla frontiera.
    Il cancello è chiuso con pochi veicoli in attesa.
    Ci sono un paio di backpackers che cercano un passaggio per varcare la frontiera.
    Pare infatti che in questo punto non sia possibile passare a piedi ma solo a bordo di un qualche veicolo.
    Le formalità sono un po’ più lunghe del previsto.
    Un militare bello grosso mi prende da parte e mi dice per filo e per segno cosa fare e scrivere sul modulo per farmi fare prima.
    Mentre aspetto il mio turno ai vari sportelli diverse persone vengono a parlare con me per manifestarmi la loro ammirazione.
    Comincio a non poterne più di queste conversazioni e di dogane così lunghe.
    Anche qui mi fanno aprire le valigie.
    Finalmente posso uscire, contento di addentrarmi nella terra di nessuno, lunga un bel po’ di km, prima del controllo georgiano.



    La strada continua a costeggiare il fiume e tutto il paesaggio incute timore per la sua magnificente bellezza.

    http://www.youtube.com/watch?v=oeBmK4oc2yw

    Le mie speranze sul meteo cadono man mano che mi avvicino a Kazbegi dove mi fermerò per un altro caffè e per cambiare un po di rubli in lari.
    Le nuvole si addensano sempre di più e a quota sempre più bassa nascondendo le cime dei monti.
    Speravo di godermi lo stesso paesaggio dell’anno prima, con le cime alte scintillanti di un verde che finora ho visto solo qui.
    Ma niente. Non si vede una mazza e man mano che salgo di quota le nuvole diventano nebbia che mi avvolge e l’umidità inzuppa qualsiasi cosa.
    Per di più le mie gomme sono ormai finite e nei tornanti mi accorgo che il posteriore letteralmente va a zig zag,
    tanto che credo di aver piegato qualche raggio.

    http://www.youtube.com/watch?v=FvSryAuZNWU

    Guidare con le gomme lisce sulla terra bagnata con un ginocchio dolorante non è proprio una cosa leggera.
    Per di più in corrispondenza di alcuni tunnel ci sono delle grate di scolo particolarmente lasche che non mi sento di passare se non in diagonale.
    Ci si mettono anche i cani che mi corrono dietro e mi costringono ad accelerare quando non vorrei.
    Nonostante queste rotture di ***** non posso negare che me la godo davvero.
    Pensavo l’avventura fosse ormai finita e trovare questa situazione su una strada così mi fa sentire ancora in pieno viaggio.
    Intendiamoci: la strada militare georgiana non è niente di infattibile.
    L’anno prima la feci con Rosita, la mia gloriosa CBF 600 n, arrivando in sella fino al monastero di Tsminda Sameba, dove tutti arrivano con le UAZ o con le moto da enduro.
    E’ stata una gran soddisfazione raggiungere su una naked un posto che mi ha fatto venire il dubbio che possa esistere una mano dietro a tutto ciò che vediamo.
    Quello che stavolta me la rende difficile sono le condizioni di cui sopra.
    E’ una strada famosa sia per la sua bellezza paesaggistica
    (La vista è interamente dominata dall’altissimo monte Kazbek, su cui pare sia stato inchiodato Prometeo come punizione oper aver rubato il fuoco agli Dèi)
    sia perché era una via d’accesso rapida per l’esercito russo per arrivare nel cuore del Cucaso.
    Ultima modifica di Totò le Motò; 27-05-13, 02:30.

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    • Cap 8

      Lungo buona parte del suo percorso è costeggiata da tunnel per il passaggio dei convogli e quest’anno vedo con piacere che su alcuni ci sono lavori di restauro in corso.
      Potrei anche attraversarli per stare un po’ più riparato, ma francamente non so cosa potrei trovarci dentro, per cui continuo sulla strada bagnata nella nebbia, suonando ad ogni curva o tornante per segnalare la mia presenza alle auto in direzione contraria, che mia appaiono come fantasmi col lumicino nella foschia. Quando finalmente intravedo in lontananza, costruito a picco su uno sprofondo, il monumento alla pace tra Georgia e Russia capisco che lo sterrato è finito e iniziano i tornanti in asfalto.

      http://www.youtube.com/watch?v=4Q6Wu7f2C5E

      Purtroppo continua a piovere e il sole ormai sta definitivamente salutando questa parte di mondo.
      Abbandono l’idea di arrivare a Tbilisi per oggi e mi fermo in un motel sulla strada poco prima di un paesello chiamato Nadibani.
      Hanno una sola stanza libera che per me costa un po’ troppo.
      La pioggia e il buio mi convincono a restare ma quando comunico la mia decisione la stanza è già stata assegnata.
      Per una cifra decisamente inferiore Inna, la più simpatica delle donne che lì lavorano, mi propone la legnaia allestita con un tavolo da pranzo e una panca su cui potrei dormire. Aggiudicato al volo.
      Mi portano lenzuola e trapunta più qualcosa di morbido per rendere più comodo il tavolaccio.
      Per il bagno posso usare quello dentro il piccolo albergo.
      Ritrovo l’ospitalità georgiana che ormai è una delle poche cose certe al mondo.
      L’accoglienza che queste persone mi riservano va ben oltre quella prevista dal loro lavoro di albergatori.
      Come ho gia detto la più simapatica e accogliente di tutti è Inna, sui quarantacinque, alta un metro e una noce e con il sogno di venire a vivere in Italia.
      Ha sempre la battuta pronta e una gran bella risata.
      L’albergo è piccolino, con quattro o cinque stanze, ma la sala ristorante è abbastanza spaziosa, con un banco bar molto fornito in fondo e otto o dieci tavoli da 8 persone.
      Per cena ci siamo io e una una famiglia di Azeri emigrati in Russia di ritorno a Mosca dopo le vacanze estive.
      Passo la serata a chiacchierare con loro e il capofamiglia, un omone baffuto e scuro di carnagione, mi offre un piatto di squisiti Khinkhali,
      una sorta di tortelloni succosi ripieni di carne da azzannare col risucchio, l’unico piatto in Georgia per cui il galateo consenta di fare rumore quando si mangia. Vado a dormire abbastanza presto tramortito dalla stanchezza e da un paio di bicchieri di ottima vodka locale, che bevo in compagnia di un minuscolo topolino di campagna che si aggira furtivo tra i tavoli.
      La situazione, la botta di **** e la contentezza di essere tornato in Georgia mi fanno sembrare il tavolaccio molto più comodo quanto non sia.
      Mi sparo una gran dormita mentre fuori la butta a catinelle.

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      • Cap 8

        http://grooveshark.com/s/Duy+Duy/2WCYIk?src=5

        Al mattino ha smesso di piovere e finalmente le colline risplendono del loro verde.
        Mentre bevo un caffè fuori mi accorgo che l’albergo è stato costruito proprio sulla scarpata che da sul fiume.
        Inna si avvicina e quando le dico che adoro le loro colline così ripide e verdi, lei ridendo mi indica quelle che chiama “le mucche alpiniste” per il fatto che riescono a pascolare con quelle pendenze come se niente fosse.
        Un po di cazzeggio con il resto della truppa, qualche foto e poi volo verso Tbilisi.




        Passando davanti al castello di Ananuri faccio una sosta per un caffè, visto che ha ricominciato a piovere.
        Scambio due chiacchiere con dei turisti israeliani, che in questa nazione sono davvero tanti.
        Forse perché la Georgia, insieme all’Armenia, è la nazione cristiana (e quindi non ostile ) più vicina alla terra che occupano.







        Imposto il navigatore su Marjanishvili in Tbilisi, la strada dove si trova la Dodo’s Guesthouse.
        Riattraverso paesaggi già visti l’anno prima che mi ispirano un senso di familiarità molto forte.
        Immagino la scena dell’incontro con Dodo, una minuta signora sulla settantina attivissima e con pochissimi capelli bianchi in testa nonostante l’età.
        Spero sia ancora viva e in salute e immagino mi saluterà con un abbraccio e gli occhi lucidi.
        L’anno prima non c’era stato giorno che non fosse stato memorabile per una qualche situazione o sketch.
        Ogni volta che partivo per una qualche escursione cercava di convincermi a portare qualche ospite dell’ostello con me, ovviamente donna.
        Quando andai al monastero Davit Gareji, al confine con l’Azerbaijan, insistette perché portassi con me Ilaria, una ragazza di Bologna appena arrivata. Entrambi le dicevamo che non avevo il secondo casco per lei.
        Disse “wait a moment! I haveit!” e dopo un po’ ritornò con un casco giallo da cantiere.
        Alla fine ci scrisse un foglio in georgiano da mostrare alla Polizia in caso ci avessero fermato,
        in cui si diceva che stavamo tornando da qualche parte a prendere il casco perché ci eravamo incontrati per caso o cazzate simili.
        Quando andai via da Tbilisi mi ritrovai a piangere nel casco pensando a tutti i momenti belli passati in quel posto.
        Tornato a casa mandai via email le foto fatte insieme e le nipoti mi risposero che, se avessi deciso di tornarci, per me e i miei amici ci sarebbe stato posto anche gratis per qualche giorno.
        Ecco perché arrivando in Marjanishvili immagino queste scene da Libro Cuore mentre fermo la moto in equilibrio precario sulla strada invasa da poco pazienti automobilisti georgiani, secondi a nessuno nel mondo per indisciplina.
        La tensione e l’emozione del momento vengono interrotti dalla telefonata della dolce metà che nel frattempo è rientrata a Milano e mi chiede quando e come torno, ricevendo una risposta un po’ scocciata.
        Credo che se ai tempi di Omero fosse esistita la telefonia mobile Ulisse col ***** che stava in giro tutto quel tempo.
        Penelope avrebbe scassato così tanto le palle che l’eroe di Itaca avrebbe preferito tornare a nuoto pur di non sentirsi chiedere i tempi del rientro:
        “ A Ulì… ma ‘ndov’è che stai? qui ce stanno sti Proci che me vojono. E quarcuno è pure caruccio. Che dovemo da fa’? e dimme ‘n po’ chi è sta Calypso?” Attraverso il cancello ed entro nel cortile col tavolo da giardino in plastica.
        Tutto è come l’anno prima ma non ci sta nessuno.
        Ormai è settembre e di turisti non ce n’è è più.
        Chiedo alla sorella di Dodo, mi dice che è fuori per commissioni e sta per tornare.
        Intanto mi siedo e inizio a togliere un po’ di bagagli dalla moto.
        Rimango molto deluso quando Dodo finalmente arriva.
        La saluto con un gran sorriso, ricevendo in cambio uno sguardo perplesso.
        No, non si ricorda di me, ci passa così tanta gente che è impossibile ricordarsi di tutti.
        Accetto la realtà della cosa, evitando di menzionare le foto, le email, l’episodio del casco.
        Va bene così.
        Mi dice che posso mettermi praticamente dove voglio, visto che ci sono poche persone tra cui una coppia di Israeliani in partenza.
        Ho una stanza tutta per me dove porto le mie cose prima di iniziare a fare un po’ di manutenzione.
        Da qui in poi sarà tutto asfalto per cui posso rimontare il parabrezza e cambiare il filtro dell’aria, montando quello in cotone che mi ero portato come scorta. Mentre sto lì, un po’ deluso dalla scena alla De Amicis che non c’è stata,armeggiando con la moto incontro la coppia di cui mi parlava Dodo.
        Solo che non sono Israeliani ma Italiani. Sono Lorenzo e Ilaria, al loro ultimo giorno in Georgia.
        Lorenzo mi aiuta a tirare la moto sul cavalletto e passiamo un po’ di tempo a chiacchierare dei nostri viaggi.
        Mi consolano sulla smemoratezza di Dodo dicendomi che c’ha pure n’età.
        Con mia grande gioia mi lasciano anche mezzo pacco di tabacco con tanto di cartine.
        Anche se non è quello che fumo io è per me una cosa grande, visto che da dieci giorni non fumo che sigarette russe di dubbio gusto.
        Loro stanno uscendo e ci salutiamo come se non dovessimo vederci mai più.
        Dopo qualche minuto Lorenzo torna per lasciarmi la sua email: “casomai ti trovassi a passare da Torino…”

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        • Cap 8

          Questo è stato l’unico incontro nell’ostello.
          Forse uno non dovrebbe ritornare nei posti in cui è stato troppo bene.
          Tante volte sarebbe meglio lasciare le cose nell’aura di perfezione che ammanta tutti i bei ricordi evitando così il rischio di delusioni cocenti.
          Anche Tbilisi oggi ha un aspetto triste:
          se l’anno prima passeggiavo in compagnia sotto il sole tra mercatini delle pulci e localini, quest’anno la pioggia rende impossibile tutto questo.
          Anche le terme pubbliche, che raggiungo in taxi, sono chiuse per i lavori che hanno sconquassato la piazza antistante.
          Ripiego sulle altre, molto più costose.
          Prendo una stanza privata in cui ci sono solo io.
          Se l’immersione nell’acqua bollente da un lato mi fa bene, rilassando un corpo fiaccato dalle ultime fatiche, dall’altro non giova alla ferita sul ginocchio che da qualche giorno comincia migliorare.
          Mentre mi asciugo mi accorgo che dalla crosta ammorbidita, spremendo leggermente, fuoriesce del siero che imbratta i candidi asciugamani in lino che mi hanno fornito.
          Esco zoppicante e tristanzuolo per le vie della città vecchia.
          Continua a piovere e ormai sta di nuovo facendo sera.
          Dopo un caffe in un posto con wifi vado dritto al KGB, un piccolo bar dove l’anno prima avevo passato un paio di belle giornate.
          Anna ci lavora ancora e mi riconosce.
          Passiamo un po di tempo a chiacchierare, facendoci grandi risate mentre le racconto dell’ insabbiatura nel deserto e delle mosche che mi tenevano compagnia, fino a quando non mi siedo fuori per cenare.
          Mentre sto mangiando un ottimo piatto di carne e verdure pieno zeppo di coriandolo sento gente al tavolo dietro di me parlare della frontiera di Kazbegi.
          Un po’ perché non ho nessuno con cui parlare, un po’ perché vorrei essere utile mi giro a dirgli che confermo l’apertura del posto di frontiera.
          Uno dei tipi mi dice in romanesco: “ma io a tte te conosco!”
          E’ Paolo, uno di Roma che conosco tramite amici e che si trova lì in bici con dei tedeschi dopo aver attraversato la Romania in solitaria.
          Passo con loro il resto della serata e torno in taxi all’ostello, assistendo a scene di liti tra tassisti per precedenze e tagli di strada.
          Addirittura un sacerdote manda affanculo il mio tassista, che non vedo l’ora mi scarichi a destinazione.
          Vado a dormire con la sensazione netta di essere ormai a casa, nonostante mi restino ancora 3000 km da fare.


          Avevo pensato di stare un altro giorno intero a Tbilisi per riprendere fiato, ma ci ho trovato una situazione abbastanza triste e non voglio far sprofondare ulteriormente il mio morale.
          Decido di andarmene la mattina successiva, e lo faccio dopo aver preso un caffè con Dodo prima che uscisse ma senza aspettare il suo ritorno, pagando quanto dovuto alla sorella.

          http://grooveshark.com/s/Through+The...d/27CF89?src=5

          Mi fermo a mangiare a Gori, nello stesso posto dove mangiai l’anno prima, ma la gestione è cambiata e c’è gente poco gentile.
          Avrei altri posti dove fermarmi qui in Georgia.
          Potrei passare da Zugdidi, alle porte dell’Abkhazia sulla strada per Mestia, dove l’anno prima conobbi una famiglia.
          Più volte Goga mi ha invitato a passare da loro casomai fossi tornato da quelle parti, invitandomi persino al suo matrimonio.
          Lascio perdere, un po’ per il tempo che stringe, un po per la paura di un’altra delusione.
          Potrei passare da Batumi a trovare Amy, tour operator conosciuta in Kurdistan dove organizza con la gente locale escursioni sull’Ararat.
          Ma l’unico contatto che ho è su Facebook e i tempi non coincidono.
          Riceverò un suo sollecito a passare da lei quando ormai sono alle porte di Roma.
          Attraverso tutta la Georgia, schivando le folli traiettorie degli automobilisti il cui sport nazionale è il sorpasso in curva alla cieca, meglio se multiplo.
          Il morale è sottoterra e ormai l’unico obiettivo è quello di tornare a casa prima possibile, sgattaiolando dalle offerte di ospitalità che ricevo ad ogni sosta.
          La vacanza è finita e il viaggio pure.
          Quello che resta sono solo 3000 km di strada piatta e veloce già vista, 3000 km di rottura di ***** da far passare più velocemente possibile.
          Mi fermo a dormire in un hotel in un paesino poco prima di Batumi , Anche questi dell’ albergo sono personaggi da raccontare.
          C’è quello sveglio che tira sul prezzo e il rincoglionito che fa domande stupide e fuori luogo, cazziato dall’altro ogni volta che mi chiede una sigaretta.
          Sono pescatori e d’estate gestiscono quest’hotel in riva al mare.
          Io sono l’unico ospite, insieme a una coppia di ucraini.
          La stagione ormai e finita e tra poco torneranno a una pesca che ormai si fa sempre più difficile e meno redditizia.
          Quello sveglio mi fa vedere la villa di uno straricco di fianco al loro albergo:
          è interamente rivestita in granito grigio e nella fioca luce della notte sembra niente più che una costosissima tomba con piscina.
          Mentre chiacchieriamo delle situazioni economiche dei nostri paesi concordiamo sul fatto di essere sotto scacco delle banche:
          io lavoro tu lavori, io guadagno tu guadagni, ma la mia moneta vale più della tua.
          Si sente chiaramente l’eccitazione per i capitali esteri che si stanno investendo nella vicina Batumi, che stanno lentamente facendo andare di testa un po tutti. Vent’anni fa cadeva un muro, portandosi dietro un impero e tutti i suoi costumi. Vent’anni non sono tanti, ma bastano a cambiare la mentalità di un popolo. Questa è stata la mia ultima serata russofona, passata in piena serenità e scioltezza, cenando con spiedini di pollo, birra e patatine al chioschetto vicino, chiacchierando coi proprietari e i loro amici di crisi, di banche e di lavoro che non c’è.
          Quando mi arriva la birra alzo il bicchiere per brindare ma chiedo immediatamente scusa:
          in Georgia si brinda con la birra solo coi nemici e i traditori.
          Loro capiscono le mie buone intenzioni e sorridendo mi dicono di non preoccuparmi.
          Questa è l’ospitalità georgiana.
          Forse non tutto è perduto.

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          • Cap 8

            Nulla da menzionare sulla strada del ritorno, se non lo shock linguistico del non avere più il russo come lingua jolly oltre all’inglese, il primo piatto di pesce dopo un mese di carne mentre in TV passano le immagini dell’ennesimo attentato da parte del PKK, le tappe lunghissime lungo la costa del Mar Nero prima e nell’ entroterra poi.
            Asfalto liscio piatto e veloce.




            La prima notte in Turchia mi fermo a Samsun in un alberghetto del ***** dove in piena notte sentirò il trambusto causato da un energumeno salito a rompere la faccia a qualcuno, forse questioni legate alle due sciattone che occupano la stanza di fronte alla mia, con la faccia da donne di malaffare, sempre al telefono e con la porta perennemente aperta.
            La stanza fa schifo , le lenzuola sono sporche e l’afa non mi fa dormire fino a tardi, insieme alla caciara che gli altri ospiti producono come se fosse un bisogno fisiologico.



            Il giorno dopo mi sparo Samsun (TR)- Alexandroupoli (GR) dalle 8.00 di mattina a mezzanotte e mezza: 1150 km tutti d’un fiato beccando anche il traffico sulla tangenziale di Istanbul, preoccupato ora non solo per la gomma ma anche per la catena che ormai sta cedendo anche lei.
            Anche quest’anno passo da Istanbul senza fermarmici.
            Attraverso di nuovo il ponte sul bosforo sbirciando di sotto e mi chiedo quando riuscirò a farmi una mangiata di pesce su quelle rive in tutta tranquillità.
            Passo la frontiera con la Grecia a mezzanotte, dove al Duty Free compro 15 pacchi di tabacco Golden Virginia, fumandomi tre sigarette di seguito per placare la mia astinenza .
            Punto dritto all’hotel dove dormii l’anno prima, ricevendo dal proprietario rassicurazioni sull’aiuto che l’indomani mi darà per cambiare le gomme.
            Cosa che effettivamente farà.
            Un suo amico mi porta da un meccanico che però non può mettersi a lavorare su Sofia prima di un’ ora.
            Non voglio rischiare di perdere il traghetto e allora vado via .



            La cosa che però riesco a fare è farmi sistemare la catena in un concessionario Yamaha: ho la conferma che ancora non ho imparato a regolare la tensione della catena quando smette di fare quel rumoraccio dopo l’intervento del giovane meccanico.
            Arrivo al porto di Igoumenitsa con largo anticipo e le ruote completamente liscie al centro.
            Avessi fatto altri 100 km si sarebbe cominciata a vedere la tela, credo.
            Sul molo incontro un altro motociclista, polacco su Africa twin.
            Si chiama Marcin e in Montenegro gli hanno rubato tutta l’attrezzatura in un campeggio.
            Crediamo di aver trovato compagnia ma la sua nave è un’altra e ci separiamo lasciandoci i rispettivi recapiti.
            Al mattino in acque internazionali chiedo al mio inquilino di farmi una ricerca per qualcuno che mi cambi le gomme ad Ancona appena sbarcato.
            Lui esegue prontamente, faccio un paio di telefonate e la cosa va rapidamente in porto.
            A differenza della nave che attraccherà con quattro ore di ritardo.
            Cambio le gomme appena sbarcato mettendo un paio di Anakee2 per una cifra esorbitante, ma almeno torno sicuro di non forare a 50 km da casa,
            che dopo tutto questo farebbe troppo ridere: va bene il Minchia del Deserto, ma il Pirla della A24 proprio no!
            In autostrada chiamo i familiari per comunicare che è fatta, sono rientrato.
            E fa una strana impressione risentire le loro voci dopo un mese intero.
            E’ una delle cose che mi fa sentire di essere tornato, più del Gran Sasso che mi saluta con la sua seriosità.
            Resto d’accordo con la mia metà di andarla a prendere alla stazione dopo aver scaricato la moto.
            Rientro nella cinta del raccordo anulare con un magone maledettamente nero addosso.
            Mi chiedo cosa sia tornato a fare.
            Quando corro in casa a lasciare le borse per andare a prendere Alessandra alla stazione lei è gia nel soggiorno ad spettarmi.
            Ci abbracciamo a lungo.
            E lì mi ricordo del perché sono tornato.

            ***************************
            http://grooveshark.com/s/Forma+E+Sostanza/nTHkg?src=5

            C’è da pensare che sia finita qui.
            In realtà un viaggio che si possa definire tale non finisce mai appena rientrati a casa.
            Se un viaggio è stato davvero un viaggio lascia dentro un seme che germogliando rivela aspetti del nostro essere di cui non conoscevamo l’esistenza, o conferma quelli che già sospettavamo esistere.
            Il mio caso è il secondo.
            Appena tornato a Studio sono stato sopraffatto da una botta d’orticaria peggiore dell’anno prima.
            E peggio dell’anno prima ho ricominciato a perdere interesse per tutto quello che sembra tenere in piedi gli esseri umani in questa parte del mondo.
            Correre dalla mattina alla sera, affannarmi a fare contente persone che non hanno nulla a che fare con me se non rapporti di lavoro.
            I rapporti di potere tra persone, l’immagine del brand, gli standard della catena alberghiera.
            Le fatture, le tasse, i figli degli altri e i mutui contratti per lasciargli quattro mura.
            Il futuro, mettere da parte per una pensione, la logica degli affitti e del mercato immobiliare.
            La paura dell’extracomunitario e del diverso, i coatti, i radical chic, i pariolini e i punkabbestia.
            I supermarket, l’auto nuova, le raccolte punti e le tariffe vantaggiose.
            La destra, la sinistra e il movimento 5stelle. Tutto questo mi appare come un dispendio d’energia completamente inutile.
            Continuo a lavorare come e più di prima cercando di fare sempre bene il mio lavoro.
            Voglio bene ai miei amici e loro vogliono bene a me. Ma non passa momento in cui non pensi a posti lontani.
            Ad ogni pausa sigaretta Sofia è li davanti a Studio che mi strizza l’occhiolino e mi ricorda delle cose fatte insieme,
            e non posso fare a meno di immaginare come sarebbe stare altrove in quel momento.
            Mi sono appassionato al dibattito delle primarie di centro-sinistra,
            ho spaccato le palle a tutti perché andassero a votare con coscienza,
            incazzandomi con chiunque per la deriva qualunquista che sta portando lontano il senso civico di questo paese.
            Tutto questo per rimanere profondamente deluso dal quadro politico che si è venuto a creare.
            O che meglio si è palesato.
            E mentre vedo tutte le mie istanze di cittadino speranzoso andare a rotoli non posso non ricordare il discorso del mio amico Uzbeko che, tagliando il Melone dell’Alleanza, iniziò il suo discorso sullo stato dicendo “Nash President…” puntando l’indice in alto.
            Lo stesso ricordo che mi sovviene ogniqualvolta l’ufficio tecnico del comune mi rimanda indietro un progetto da presentare per un qualche cavillo formale. “Nash President mi ha dato il permesso di costruire questa casa e l’ho fatta in quindici giorni col fango e la paglia.”
            Molte cose della vita di tutti i giorni in cui tutti siamo immersi mi appaiono abbastanza prive di senso.
            Non dico che lo siano davvero e che valga per tutti.
            E’ che dopo aver avuto un confronto, se pur rapido, con altri modi di pensare le cose non possono essere come prima.
            Non riesco più a pensare di avere ragione su un qualsiasi argomento.
            Posso solo pensare alla relativa validità delle mie argomentazioni che valgono quanto quelle del mio interlocutore.
            L’unica differenza la fa la cognizione di causa.
            Ulisse dopo un mese dal ritorno è ripartito.
            Frodo dopo aver distrutto l’anello non ha resistito molto tempo a Granburrone.
            Io non ho sconfitto con l’astuzia nessun ciclope né sgominato orde di orchi insieme a elfi e nani.
            Ho semplicemente visto un pezzetto piccolissimo di questo mondo.
            L’ho fatto su due ruote, senza armi e alla mercè di chiunque avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa, per interesse o per passare un pomeriggio diverso.
            Ma ho avuto la conferma che il mondo, in linea di massima, non è così cattivo come ci hanno abituato a pensare.
            E che, sempre in linea di massima, se porti rispetto riceverai rispetto.
            Dopo trentacinque giorni coi sensi accesi e vivi ritornare alla comoda vita occidentale sembra la cosa più assurda che si possa fare.
            C’è chi gode nel truffare il fisco, chi vive dell’affermazione di se nella società, chi aspira a mandare i figli all’istituto americano come segno di prestigio, chi pensa alla carriera, chi campa di aperitivi, dj-set e vernissage.
            A me di tutto questo non fotte nulla.
            Se prima non erano cose importanti, ora mi appaiono come delle vere prigioni.
            Non posso sopportare di sapere che lì fuori c’è un mondo intero mentre io sono qui a combattere con lo stile di vita occidentale.
            Tocca inventarsi qualcosa.
            E subito.



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            • Meraviglia.................. Super !!!!!!

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              • Bellissimo,confermo quanto detto in precedenza...potrebbe essere la base per un buon libro, hai mai pensato di scriverne uno? Magari per raccontare quel malessere che leggo, e che purtroppo è anche il mio, quando all'improvviso, senza un vero perchè, Edvige mi guarda e mi dice "ma che ***** ci facciamo qui, girami la chiave e andiamo, finchè c'è terra su cui mettere le ruote"...
                In moto, sempre in moto.
                K1600GT - F.P.C. M05 - "Principessa Elena"
                ZR7 - F.P.C. M06 - "Trovatella"

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                • Il report di viaggio più bello che ho mai letto da quando sono iscritto a questo forum.

                  Assolutamente da applauso.
                  Ultima modifica di Texas Man; 27-05-13, 14:41.
                  Dal 1996 on the road tra Europa, Africa, Asia e Nord America.

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                  • Da brividi, tutto il racconto. Veramente.
                    Amo viaggiare + amo un mototurista. Risultato: zavorrina ufficiale di Balza
                    Le mie foto: (per ora solo viaggi senza moto... :blushed: ):
                    http://sabrinastravels.shutterfly.com

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                    • Originariamente inviato da Totò le Motò Visualizza il messaggio
                      C’è da pensare che sia finita qui.
                      In realtà un viaggio che si possa definire tale non finisce mai appena rientrati a casa.
                      Se un viaggio è stato davvero un viaggio lascia dentro un seme che germogliando rivela aspetti del nostro essere di cui non conoscevamo l’esistenza, o conferma quelli che già sospettavamo esistere.
                      Il mio caso è il secondo.
                      Appena tornato a Studio sono stato sopraffatto da una botta d’orticaria peggiore dell’anno prima.
                      E peggio dell’anno prima ho ricominciato a perdere interesse per tutto quello che sembra tenere in piedi gli esseri umani in questa parte del mondo.
                      Correre dalla mattina alla sera, affannarmi a fare contente persone che non hanno nulla a che fare con me se non rapporti di lavoro.
                      [...]
                      Molte cose della vita di tutti i giorni in cui tutti siamo immersi mi appaiono abbastanza prive di senso.
                      Non dico che lo siano davvero e che valga per tutti.
                      E’ che dopo aver avuto un confronto, se pur rapido, con altri modi di pensare le cose non possono essere come prima.
                      Non riesco più a pensare di avere ragione su un qualsiasi argomento.
                      Posso solo pensare alla relativa validità delle mie argomentazioni che valgono quanto quelle del mio interlocutore.
                      L’unica differenza la fa la cognizione di causa.
                      Ulisse dopo un mese dal ritorno è ripartito.
                      Frodo dopo aver distrutto l’anello non ha resistito molto tempo a Granburrone.
                      Io non ho sconfitto con l’astuzia nessun ciclope né sgominato orde di orchi insieme a elfi e nani.
                      Ho semplicemente visto un pezzetto piccolissimo di questo mondo.
                      L’ho fatto su due ruote, senza armi e alla mercè di chiunque avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa, per interesse o per passare un pomeriggio diverso.
                      Ma ho avuto la conferma che il mondo, in linea di massima, non è così cattivo come ci hanno abituato a pensare.
                      E che, sempre in linea di massima, se porti rispetto riceverai rispetto.
                      Dopo trentacinque giorni coi sensi accesi e vivi ritornare alla comoda vita occidentale sembra la cosa più assurda che si possa fare.
                      C’è chi gode nel truffare il fisco, chi vive dell’affermazione di se nella società, chi aspira a mandare i figli all’istituto americano come segno di prestigio, chi pensa alla carriera, chi campa di aperitivi, dj-set e vernissage.
                      A me di tutto questo non fotte nulla.
                      Se prima non erano cose importanti, ora mi appaiono come delle vere prigioni.
                      Non posso sopportare di sapere che lì fuori c’è un mondo intero mentre io sono qui a combattere con lo stile di vita occidentale.
                      Tocca inventarsi qualcosa.
                      E subito.
                      Standing ovation!
                      ___________________

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                      • Grazie davvero per la pazienza che avete avuto a seguire per sei mesi i deliri del Minchia del Deserto.
                        E sulla pubblicazione, come ho detto altrove, inizio a pensare a un ebook che costa poco da produrre e da vendere.
                        Beh, texas ....il più bel report non sono d'accordo. però mi prendo il complimento e me lo godo tutto
                        Personalmente ho molto apprezzato il report di balza e leia, le foto sono spettacolari.
                        Prossimamente posterò una scheda tecnica dell'attrezzatura. Ci starebbe anche un road book giornaliero per farla completa.

                        Grazie davvero a tutti e vi chiedo scusa se qualche volta mi sono dilungato troppo su aspetti secondari, e per i video montati davvero a capocchia.

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                        • Non ho ancora avuto tempo, modo e la giusta calma per poterlo leggere, ma lo farò di sicuro perchè tutti hanno scritto che è bellissimo e il giudizio di persone autorevoli che conosco è sicuramente da prendere per buono.

                          Quindi intanto ti faccio i complimenti, poi seguiranno i miei commenti, a lettura avvenuta
                          Gabriele da Gubbio
                          Moto Guzzi Bellagio 940 2009 - Honda Transalp 650 2003 - BMW R 1100 RT 2000 - Moto Guzzi California EV 2005 - - Vespa 50 special 4 marce 1981

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                          • Senza parole!!Veramente senza parole
                            Anzi tre parole:Complimenti....Viaggione Fa vo lo so!!
                            https://sites.google.com/site/badantour2010
                            https://sites.google.com/site/batantourmoto2011/
                            sites.google.com/site/badantourTurchia2012

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                            • mi sto commozionando!

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                              • Ho mio figlio che sta motorando da quattro giorni verso la Georgia e il Caucaso...passerà anche al monastero di Tsminda Sameba..il tuo report ci voleva qualche giorno fa

                                Questo il suo giro
                                https://sites.google.com/site/badant...ossimo-viaggio
                                https://sites.google.com/site/badantour2010
                                https://sites.google.com/site/batantourmoto2011/
                                sites.google.com/site/badantourTurchia2012

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