Cap 8
Ora basta che sto diventando pesante.
Tornando a noi: In poco tempo sono a Vladikavkaz e da li si inizia a salire verso le montagne, seguendo la A-301 che si infila dentro una gola segnata da un fiume.
Finalmente inizia a fare fresco e prima della frontiera mi fermo per le sigarette e, finalmente, un caffè georgiano, bello cremoso, nero e saturo di caffeina.
Una vera goduria per gli assuefatti alla caffeina.
Il tempo, anche se un po’ nuvoloso, è buono e, se si mantiene così anche dall’altra parte, posso arrivare a Tbilisi in serata.
So già dove andare: voglio tornare alla Dodo’s Guest House dove l’anno scorso ridendo e scherzando ho trascorso 5 giorni bellissimi.
La strada sale sempre di più in questo paesaggio, bello ma non quanto quello del versante meridionale.
Pregusto la Strada Militare Georgiana mentre arrivo alla frontiera.
Il cancello è chiuso con pochi veicoli in attesa.
Ci sono un paio di backpackers che cercano un passaggio per varcare la frontiera.
Pare infatti che in questo punto non sia possibile passare a piedi ma solo a bordo di un qualche veicolo.
Le formalità sono un po’ più lunghe del previsto.
Un militare bello grosso mi prende da parte e mi dice per filo e per segno cosa fare e scrivere sul modulo per farmi fare prima.
Mentre aspetto il mio turno ai vari sportelli diverse persone vengono a parlare con me per manifestarmi la loro ammirazione.
Comincio a non poterne più di queste conversazioni e di dogane così lunghe.
Anche qui mi fanno aprire le valigie.
Finalmente posso uscire, contento di addentrarmi nella terra di nessuno, lunga un bel po’ di km, prima del controllo georgiano.
La strada continua a costeggiare il fiume e tutto il paesaggio incute timore per la sua magnificente bellezza.
http://www.youtube.com/watch?v=oeBmK4oc2yw
Le mie speranze sul meteo cadono man mano che mi avvicino a Kazbegi dove mi fermerò per un altro caffè e per cambiare un po di rubli in lari.
Le nuvole si addensano sempre di più e a quota sempre più bassa nascondendo le cime dei monti.
Speravo di godermi lo stesso paesaggio dell’anno prima, con le cime alte scintillanti di un verde che finora ho visto solo qui.
Ma niente. Non si vede una mazza e man mano che salgo di quota le nuvole diventano nebbia che mi avvolge e l’umidità inzuppa qualsiasi cosa.
Per di più le mie gomme sono ormai finite e nei tornanti mi accorgo che il posteriore letteralmente va a zig zag,
tanto che credo di aver piegato qualche raggio.
http://www.youtube.com/watch?v=FvSryAuZNWU
Guidare con le gomme lisce sulla terra bagnata con un ginocchio dolorante non è proprio una cosa leggera.
Per di più in corrispondenza di alcuni tunnel ci sono delle grate di scolo particolarmente lasche che non mi sento di passare se non in diagonale.
Ci si mettono anche i cani che mi corrono dietro e mi costringono ad accelerare quando non vorrei.
Nonostante queste rotture di ***** non posso negare che me la godo davvero.
Pensavo l’avventura fosse ormai finita e trovare questa situazione su una strada così mi fa sentire ancora in pieno viaggio.
Intendiamoci: la strada militare georgiana non è niente di infattibile.
L’anno prima la feci con Rosita, la mia gloriosa CBF 600 n, arrivando in sella fino al monastero di Tsminda Sameba, dove tutti arrivano con le UAZ o con le moto da enduro.
E’ stata una gran soddisfazione raggiungere su una naked un posto che mi ha fatto venire il dubbio che possa esistere una mano dietro a tutto ciò che vediamo.
Quello che stavolta me la rende difficile sono le condizioni di cui sopra.
E’ una strada famosa sia per la sua bellezza paesaggistica
(La vista è interamente dominata dall’altissimo monte Kazbek, su cui pare sia stato inchiodato Prometeo come punizione oper aver rubato il fuoco agli Dèi)
sia perché era una via d’accesso rapida per l’esercito russo per arrivare nel cuore del Cucaso.
Ora basta che sto diventando pesante.
Tornando a noi: In poco tempo sono a Vladikavkaz e da li si inizia a salire verso le montagne, seguendo la A-301 che si infila dentro una gola segnata da un fiume.
Finalmente inizia a fare fresco e prima della frontiera mi fermo per le sigarette e, finalmente, un caffè georgiano, bello cremoso, nero e saturo di caffeina.
Una vera goduria per gli assuefatti alla caffeina.
Il tempo, anche se un po’ nuvoloso, è buono e, se si mantiene così anche dall’altra parte, posso arrivare a Tbilisi in serata.
So già dove andare: voglio tornare alla Dodo’s Guest House dove l’anno scorso ridendo e scherzando ho trascorso 5 giorni bellissimi.
La strada sale sempre di più in questo paesaggio, bello ma non quanto quello del versante meridionale.
Pregusto la Strada Militare Georgiana mentre arrivo alla frontiera.
Il cancello è chiuso con pochi veicoli in attesa.
Ci sono un paio di backpackers che cercano un passaggio per varcare la frontiera.
Pare infatti che in questo punto non sia possibile passare a piedi ma solo a bordo di un qualche veicolo.
Le formalità sono un po’ più lunghe del previsto.
Un militare bello grosso mi prende da parte e mi dice per filo e per segno cosa fare e scrivere sul modulo per farmi fare prima.
Mentre aspetto il mio turno ai vari sportelli diverse persone vengono a parlare con me per manifestarmi la loro ammirazione.
Comincio a non poterne più di queste conversazioni e di dogane così lunghe.
Anche qui mi fanno aprire le valigie.
Finalmente posso uscire, contento di addentrarmi nella terra di nessuno, lunga un bel po’ di km, prima del controllo georgiano.
La strada continua a costeggiare il fiume e tutto il paesaggio incute timore per la sua magnificente bellezza.
http://www.youtube.com/watch?v=oeBmK4oc2yw
Le mie speranze sul meteo cadono man mano che mi avvicino a Kazbegi dove mi fermerò per un altro caffè e per cambiare un po di rubli in lari.
Le nuvole si addensano sempre di più e a quota sempre più bassa nascondendo le cime dei monti.
Speravo di godermi lo stesso paesaggio dell’anno prima, con le cime alte scintillanti di un verde che finora ho visto solo qui.
Ma niente. Non si vede una mazza e man mano che salgo di quota le nuvole diventano nebbia che mi avvolge e l’umidità inzuppa qualsiasi cosa.
Per di più le mie gomme sono ormai finite e nei tornanti mi accorgo che il posteriore letteralmente va a zig zag,
tanto che credo di aver piegato qualche raggio.
http://www.youtube.com/watch?v=FvSryAuZNWU
Guidare con le gomme lisce sulla terra bagnata con un ginocchio dolorante non è proprio una cosa leggera.
Per di più in corrispondenza di alcuni tunnel ci sono delle grate di scolo particolarmente lasche che non mi sento di passare se non in diagonale.
Ci si mettono anche i cani che mi corrono dietro e mi costringono ad accelerare quando non vorrei.
Nonostante queste rotture di ***** non posso negare che me la godo davvero.
Pensavo l’avventura fosse ormai finita e trovare questa situazione su una strada così mi fa sentire ancora in pieno viaggio.
Intendiamoci: la strada militare georgiana non è niente di infattibile.
L’anno prima la feci con Rosita, la mia gloriosa CBF 600 n, arrivando in sella fino al monastero di Tsminda Sameba, dove tutti arrivano con le UAZ o con le moto da enduro.
E’ stata una gran soddisfazione raggiungere su una naked un posto che mi ha fatto venire il dubbio che possa esistere una mano dietro a tutto ciò che vediamo.
Quello che stavolta me la rende difficile sono le condizioni di cui sopra.
E’ una strada famosa sia per la sua bellezza paesaggistica
(La vista è interamente dominata dall’altissimo monte Kazbek, su cui pare sia stato inchiodato Prometeo come punizione oper aver rubato il fuoco agli Dèi)
sia perché era una via d’accesso rapida per l’esercito russo per arrivare nel cuore del Cucaso.
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