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per quanto anche la danza classica ha i suoi rischi eh!
grazie, spero di non annoiarvi con la mia prolissità...
rischiosissima !!! ahahahahahah
secondo me non sei per niente noioso !!! Anzi , al massimo se proprio
bisogna trovarti un difetto ... provochi un pò troppa invidia !!! :P :P :P
:angel::angel::angel:
Meglio regnare all'Inferno che servire in paradiso MOTOGUZZI Stelvio 8V NTX (Circe) - 28.000 km CLUB DEGLI ILLUSIMOTOGUZZI - Tessera n° 28 ( I seni- 'I zizze )
E comunque lo rifarei, certo. Quel sentiero mi è rimasto sullo stomaco e prima o poi ritornerò per attraversarla quella landa, ovviamente non da solo e con più veicoli. o forse anche da solo, mah!
Il bello dei motoviaggiatori è proprio la testardaggine!!una forza in più che molti umani non hanno
Un report stupendo comprese le disavventure
E allora continuo và.....
sono indeciso se continuare a inserire video tagliati male, con audio insulso in questo modo.
Li sto inserendo per dare un idea delle cose e far vedere le strade, come anticipazione a chi fosse interessato a fare un viaggio in quei posti. ma se la cosa dovesse risultare fastidiosa fatemelo sapere.
Alla fine posso anche estrarre dei fotogrammi che magari un video non lo guardi, la foto sì.
fateme sapè.....
Capitolo 5
Kazakhstan Atto I- Il Minchia Del Deserto
Un’altra piccola tempesta di sabbia si abbatte su Kulsary, annunciata dalla sabbia che la brezza mi ha depositato addosso nella notte.
Tra sveglia e colazione mi collego rapidamente sul social network per annunciare il grande ritiro e
provo una fitta al cuore leggendo i commenti di incoraggiamento di chi sporadicamente riceve mie notizie.
Mentre andiamo all’autolavaggio la tempesta, oggi molto blanda, si placa del tutto e io mi chiedo se sono davvero convinto della mia decisione.
Non lo sono del tutto ma mi sento che è l’unica via praticabile.
A Samat ho chiesto di dare istruzioni perché lavino solo con l’acqua, giusto per togliere il fango.
Il ragazzo invece prende a lavare con lancia e schiume detergenti.
Io realizzo in quel momento che con quest’operazione mi stanno cancellando 8000 km di viaggio come se fossero i farneticamenti di un folle.
Sono così smarrito e ferito che non mi preoccupo neanche della lancia che spara acqua ad alta pressione sui connettori del motore.
Non me ne fotte nel modo più assoluto.
L’unico pensiero va al sogno sfumato di un viaggio troppo grande per me.
Mentre il mio animo è devastato da questi pensieri, tutta la fauna dell’ autolavaggio è rapita da questo mezzo che a loro sembra un’astronave,
tutti lì a fare foto coi telefonini e a sorridermi e a cercare di farmi domande.
Ma io non ho voglia di parlare, vorrei prendere quella lancia dell’acqua e infilarla dove so io a quel cazzone che sta cancellando le mie fatiche.
Alla fine lui gongola orgoglioso del lavoro fatto, io sprofondo nella depressione più cupa.
Vorrei davvero piangere.
Torniamo a casa e carico più velocemente possibile, dato che Samat ha degli impegni, declinando l’invito di fermarmi un altro giorno.
Mentre stiamo lì a salutarci, la moglie mi porta dei souvenir:
un cappello di lana di cammello per me e un piccolo cammello di peluche “per la tua fidanzata”.
Questi non solo mi cavano dal deserto e mi ospitano, mi fanno anche i regalini.
Ringrazio sinceramente dal profondo Samat e gli auguro ogni bene possibile.
Saluto tutti convinto di tornare a casa.
Mi fermo alle porte della città per comprare l’acqua, e trovarla ghiacciata mi fa perdere un po di tempo per passarla nelle borracce.
Penso che se parto spedito per la sera posso essere al confine russo e magari dormire ad Astrakan nella stessa casa per poi l’indomani girare a sud verso la Cecenia.
Il mio sguardo cade sullo specchietto ormai splendente e vedo la faccia di uno che ha perso un' occasione importante,
e questo mi deprime ancora di più.
Sono lì a travasare l’acqua nelle borracce, sbattendo l’ultimo pezzo di ghiaccio rimasto nella bottiglia di plastica per frantumarlo,
quando si avvicinano i due soliti tipi a fare le solite domande.
Io non ho molta voglia di parlare, ma sono simpatici e uno in particolare, quello più panzone con i denti d’oro e gli occhiali da sole in metallo,
conosce anche un minimo d’inglese.
Quando gli racconto del mio viaggio manifestano la loro ammirazione mordendosi il labbro inferiore mentre scuotono la testa,
gesto comune che da queste parti equivale all’americano “WOW!”.
Gli dico che volevo arrivare a Samarcanda ma desisto perché troppo difficile,
raccontandogli della disavventura del giorno prima e del mio senso di inadeguatezza alla cosa.
E mentre gliela racconto comincio inconsciamente a dare il giusto peso all’accaduto.
Così chiedo info sulla frontiera di Beyneu.
Mi dice che la strada è brutta da Beyneu fino alla frontiera, ovvero un’ottantina di km.
Poi ricomincia l’asfalto. Che i km totali senza benzina sono circa 450/500.
Gli chiedo se è sicuro di quanto sta dicendo, perché gente di Qulsary che si è dimostrata amica mi ha appena detto il contrario.
Risponde di sì: non è sicuro di come sarà l’asfalto, quanto grandi siano le buche, ma di sicuro c’è e comunque la strada è fattibile.
E in ogni caso, come dicevo io, è una via principale di collegamento tra due stati e se succede qualcosa c’è chi puo dare una mano.
Bastano queste parole a riaccendere la vampa della curiosità e del possibilismo.
Anche la vocina della sera prima ricomincia a parlare urlandomi che “ lo vedi qua che le cose non tornano? Lo vedi qua che si può fare?”
La cosa deve essere visibile dall’esterno:
mentre mi salutano il tipo, mostrando il suo sorriso a 18 kt, mi dice che sono un eroe.
Gli rispondo che:
-“No! sono solo un Idiota, non un Eroe!”
-“ Idiota o Eroe, chi può dirlo? Se non lo fai non puoi saperlo !”
E vanno via mentre lui sorride e l’altro, il più giovane, continua a mordersi il labbro scuotendo la testa.
Minchia, e adesso? Inizia l’ora più carica di dubbi degli ultimi anni.
Trovo riparo dal vento sotto una pensilina del bus dove confronto le mappe e le guide di Russia e Asia Centrale, calcolo percorsi col navigatore.
Sì, il Caucaso russo è una meta da fare prima o poi, è verde, fresco, ci sono le terme.
Ma è un altro viaggio, non questo.
Dopo tutta questa strada e le difficoltà non ho voglia di andare a fare il pensionato tra le montagne.
Mi sembra di mollare tutto sul più bello.
Prendo il passaporto, riguardo i visti e faccio un po di conti sulle durate e i periodi di ingresso e uscita:
ho sforato rispetto ai piani ma ci sono ancora i tempi per fare tutto, anche se risicati.
Vedere il visto Uzbeko senza timbro della polizia di frontiera mi fa più male dell’arrendermi alla prima difficoltà.
Che poi difficoltà non è neanche la parola giusta:
è stato un incidente di percorso, una leggerezza che poteva costarmi la vita se fosse tutto successo 100 km più avanti, ma forse no.
Chi può dirlo? “se non lo fai non puoi saperlo!”
Comincia a diventare una piccola questione di principio: anche solo entrare in Uzbekistan fare una città e ritornare indietro sarebbe una piccola vittoria.
A metà ma sempre una vittoria.
Una sensazione a metà tra la paura, l’eccitazione e la voglia di lasciar perdere tutto s’impossessa dei miei pensieri,
mentre la vocina mi dice che ORA ho la possibilità di farlo e chissa quando potrò di nuovo.
Vado? Non vado? Che faccio, torno a casa? Vado avanti? No torno indietro! NO! Col ***** che me ne vado a casa!
VADO AVANTI! Fosse anche solo per mettere un timbro sul visto e uscire il giorno dopo. Vado!
Ci metto un po a trovare la strada per Beyneu, girando avanti e indietro sulla strada periferica della cittadina.
Fanculo pure al navigatore che ci mette un eternità a calcolare i percorsi.
L’unica cosa che temo è di essere colto in flagrante da Samat o qualcun’ altro di conosciuto.
Mi sento come se fossi Pinocchio, Lucignolo e Mangiafuoco che scappano tutti e tre insieme sulla stessa moto, di nascosto da gendarmi ,fatine e grilli parlanti. Incarnato in questa laica trinità mi pervade un senso di onnipotenza delirante, facendomi sentire davvero eterno per un momento.
Ne sono certo: mi muovo veloce da uno stato all’altro contro ogni previsione e cambiando idea di continuo e
se la morte mi cercherà, quando arriverà non mi troverà da nessuna parte,
e se anche dovesse tagliarmi la strada ne sarà comunque valsa la pena.
E’ uno dei pomeriggi più belli di tutto il viaggio.
Vado verso sud correndo su un nastro d’asfalto che taglia in due il deserto.
Sulla sinistra la ferrovia e,in lontanza, i rilievi montuosi che avrei dovuto attraversare per andare ad Aral, almeno credo siano quelli.
E sempre quei maledetti affioramenti d’acqua salina che vedo dalla calmucchia.
Mi fiondo a 120 kmh sull’unica strada degna di questo nome da tre giorni a questa parte con
un forte vento laterale che mi fa viaggiare inclinato quasi costantemente.
Di tanto in tanto qualche villaggio con i suoi tetti di lamiera, il suo cimitero e i corsi d’acqua che brillano nel giallo del deserto.
Qui la vita sembra scorrere sempre uguale, monotona e sonnecchiante e a parte il clima le uniche cose che sembrano cambiare sono i TIR parcheggiati nelle polverose piazzole di sosta delle chaikhane a bordo strada.
Mangio a pochi km da Beyneu nel locale di una simpatica signora.
Anche qui le mamme cazziano i figli che non hanno voglia di fare nulla.
Faccio anche il pieno al serbatoio. benzina a 80 ottani va benissimo, anche Sofia è onnipotente.
Entro a Beyneu e trovo il bazar di fronte alla stazione.
Lì mi dicono troverò la kanistra.
Ecco, adesso è il mio viaggio, ora ci sono.
Sono in un Bazar dell’Asia Centrale e sto contrattando il prezzo per una tanica d’acciaio da 5 litri.
Lascio il casco come garanzia per andare a vedere l’ingombro sulla moto. 5 o 10 litri?
No 5 vanno benissimo!
Mi informo per una camera al motel di fronte la stazione ma costa troppo. Torno indietro alle porte della città. Mi fermo davanti a uno visto prima e ci trovo davanti turisti europei che bevono birra.
Saluto, entro. All’interno sembrano esserci solo donne a gestire tutto il posto, una ragazza giovane mi fa vedere la stanza e ci accordiamo per il prezzo . Scaricati i bagagli mi concedo una birra gelata da bere sulle scale d’ingresso insieme ai turisti.
Sono quasi tutti tedeschi e sono li per il rally London- Tashkent con macchine tipo golf e Audi 80.
Con loro ci sono anche padre e figlio inglesi di origini turche.
La conversazione riprende dopo essere andato al market a fare spesa di scatolame e acqua da 5 litri e riempita la tanica di benzina.
Attacco bottone con uno in particolare di cui non ricordo il nome, motociclista anche lui, prossimo alla cinquantina.
Ogni tanto qualche battuta anche con uno con la faccia da tedesco,
leggermente calvo e con l’aria da ragioniere il cui nome tradotto in italiano è Goffredo,
che ha vissuto qualche anno in italia, come la donna che viaggia con loro.
Sono le prime parole in italiano dopo giorni di inglese e russo.
L’inglese più grande, che Goffredo chiama il turco ablante,
è quello che fa più caciara quando parla e a tratti è quasi sborone nelle sue affermazioni e quasi fastidioso nel voler essere sempre divertente.
Quelli con cui non scambio molte parole sono i due più giovani con l’aria da figli di papà e le loro polo col colletto alzato.
Hanno l’aria di quelli più convinti di stare facendo la grande avventura e di essere più fighi degli altri.
Percepisco le piccole tensioni all’interno dei vari equipaggi e le antipatie nate in giorni di vicinanza forzata.
In questo momento mi trovo a gioire della mia condizione solitaria,
delle decisioni in autonomia e libertà e soprattutto del vantaggio principale che questa condizione comporta,
ovvero quello di dovermi necessariamente rapportare alla gente del luogo per trovare compagnia.
Capisco infatti dai loro racconti che non sono stati molto a contatto con i locali e non me ne stupisco visto che stanno sempre in gruppo tra di loro.
Mangio insieme a loro l’ultima scatola di storione in scatola comprata ad Astrakhan,
nella speranza che non si sia avariato dopo ore di sole cocente,
mentre il sole va giu dipingendo il cielo di un arancio drammatico e tranquillizzante.
Vado a nanna dopo aver affidato la tanica al portiere di notte e fatto mettere le borracce in congelatore.
Inutile dire che il sonno tarda a venire per l’eccitazione.
So però di aver fatto la cosa giusta: la mia metà mi scrive che ora riconosce l'omo suo.
http://grooveshark.com/s/Ich+Liebe+Didge/3Gh6xr?src=5
Mi sveglio alle 5.00 ora locale e dopo due macchinette di caffe inizio i preparativi.
La combinazione di 5 lt d’acqua e 5 di benzina è perfetta e tutto è al suo posto.
Copro il tutto, come faccio sempre, con due asciugamani inzuppate d’acqua.
I tedeschi partono prima anche se eravamo rimasti d’accordo di andare insieme.
Non è un problema: ho il vago sospetto che questa frontiera sarà molto lunga.
Il navigatore imbrocca subito la strada (e grazie, c’è solo quella) che attraversa la cittadina nelle sue aree periferiche.
A terra ci sono lunghi tratti in cemento armato ormai sbriciolato con i ferri d’armatura che fuoriescono minacciando le gomme dei veicoli.
Sto molto attento a non finirci sopra e con la moto carica non è facile.
Finalmente inizia la strada che mi era stata descritta come infernale.
Finito l’asfalto groviera inizia un lungo sterrato che si alterna a tratti molto lunghi di ghiaia di varie pezzature, a volte su fondo più duro.
La cosa che cerco di fare è mantenere l’andature più costante possibile, evitando di usare i freni.
*****, lo sto facendo davvero: sto andando in Uzbekistan!
Sono vivo, sono in salute,sono equipaggiato, !
Sono un cazzone che sfida se stesso su una strada sterrata cercando di prendersi una rivincita su una terra difficile.
A ben vedere una cosa abbastanza stupida, ma in quel momento la cosa più entusiasmante della mia vita. E forse non solo in quel momento.
Incontro un ciclista francese diretto anche lui in Uzbekistan. La sua faccia è leggermente sofferente ma tutto sommato l’ espressione è di chi sta facendo un giro nel parco sotto casa. Questo è il vero eroe della giornata. Nei punti di pietrisco più morbido la moto tende ad andarsene altrove ma riesco sempre a tenerla. Il punto più brutto è a metà strada dove ci sono due tratti abbastanza lunghi di sabbia soffice. Appena mi avvicino al primo, una Lada simil 124 mi supera e mi si mette davanti facendomi rallentare di colpo e per un attimo temo di cadere, dato che il tipo davanti non fa altro che frenare. Arrivati al secondo tratto lo faccio andare parecchio avanti in modo da non averlo tra le palle e così facendo ho modo di attraversare la sabbia a manetta, dritto come una freccia. Ogni tanto qualche villaggio di poche case, qualche corso d’acqua e gli immancabili cimiteri.
La polvere dei camion è effettivamente fastidiosa e alcune volte devo fermarmi per farla svanire, dato che non riesco a vedere nulla.
Alla fine in un’oretta sono alla frontiera, dove ritrovo i tedeschi in coda con tanta umanità locale.
Quando scendo dalla moto noto con un certo piacere che Sofia è di nuovo impolverata.
Daje Sofì che siamo ancora in ballo!
Mi dicono che i cancelli sono chiusi dalla sera prima.
Capisco il perché di tutta questa gente dalla faccia assonnata e con i vestiti buoni spiegazzati e logori.
Tutt’intorno non c’è nulla, nel modo più assoluto.
Solo deserto e qualche sterpaglia, e il piazzale d’ingresso è delimitato da qualche chaykhana e officina sparse qua e là.
Mentre parlo coi tedeschi si avvicina un kazako con la faccia bruciata dal sole e dalla sabbia eccitatissimo per il mio viaggio.
Mi stringe la mano, mi abbraccia e mi invita a prendere un the.
Invito che declino ringraziando di cuore.
Quando aprono il cancello una marea di gente sbuca fuori dal nulla come fossero gli zombi di un film di Romero:
stavano tutti all’ombra dietro i camion o le casupole e ora riempiono il piazzale dando vita e una folla disordinata ma composta.
L’aria che tira qui non è delle migliori: i modi delle guardie di frontiera sono particolarmente arroganti e a tratti cattivi.
Noi europei veniamo subito fermati e indirizzati agli sportelli per le procedure dopo verifica della completa documentazione.
Ci mettiamo in fila con kazaki e uzbeki e aspettiamo il nostro turno in una sala troppo piccola per contenere il numero dei presenti che dovrebbero passare per le due porte poste alle estremità di una parete in panneli d’alluminio.
Naturalmente le procedure di controllo dei documenti sono lente e man mano che arriva più gente le file si sfaldano,
facendo entrare in azione i militari più giovani che con modi bruschi e la mano sul calcio della pistola spostano fisicamente le persone per rimetterle in riga. Siamo davvero meravigliati di vedere questo trattamento e io personalmente non posso smettere di pensare alla stupidità e cattiveria dell’essere umano. Basta una divisa e un superiore per essere *******, dimenticando che in qualsiasi momento si può essere dall’altra parte.
Forse per non fare brutta figura con gli europei, a un certo punto i militari ci chiamano e ci fanno saltare la fila.
Non nego di sentirmi ******* a fare questo ma mi sembra ovvio approfittare della possibilità.
Consegnata la dichiarazione di proprietà del veicolo fatta in Russia, si può uscire.
In tutto saremo stati un oretta e mezzo. Ma chiaramente non è finita.
Anche il cancello uzbeko è chiuso e ci dicono che aprono quando gli va.
Scopriamo che c’è gente che ha fatto fino a 16 ore di attesa ed è particolarmente nervosa, oltre che stremata.
Noi riusciamo a sistemarci proprio davanti al cancello d’ingresso.
Sulla sinistra una fila di camion e TIR, sulla destra la fossa per la disinfezione delle ruote piena di acqua lurida con le auto di alcuni locali in fila e ,
oltre il cordolo della “strada” un serbatoio d’acqua da cui si attinge per rinfrescarsi e qualcuno beve anche.
Dall’altra parte della rete ci stanno i soliti ragazzotti poco più che adolescenti equipaggiati con mitra più pesanti di loro stessi.
Siccome capiamo che andrà per le lunghe ne approfittiamo per chiacchierare e mangiare, chi un panino chi una mela.
Faccio notare alla crucca che il suo abbigliamento non è molto adeguato alle località che sta attraversando.
Mi chiede se mi riferisco al velo.
No, mi riferisco al vestitino che lascia le spalle scoperte e arriva fino a sopra le ginocchia.
Le dico che magari agli uomini piace pure, ma alle donne non farà molta simpatia.
Lei fa spallucce e dice che finora non ha avuto problemi.
Mi accorgo che lo scatolame comprato il giorno prima non ha l’apertura ad anello e Goffredo mi presta il suo coltellino svizzero.
Vorrebbe farmi vedere come si usa ma sembra che non abbia mai usato un attrezzo del genere.
Anche se l’immagine della lattina non corrisponde al prodotto,
che si rivela un impasto di riso precotto,premasticato e predigerito con due pezzettini di carne,
divido lo stesso con un paio di loro e devo dire sembrano apprezzare.
Bagno di nuovo le asciugamani, il mio frigo da viaggio, mentre il tipo entusiasta di prima passa e spassa tre o quattro volte,
ogni volta stringendomi la mano e facendomi complimenti.
Sembra tutto tranquillo fino a poco prima dell’apertura del cancello.
Una signora con tutti i denti d’oro dice con fare minaccioso ai due Figli di Papà che devono mettersi in fila per la fossa igienizzante anche loro.
Provo a tradurre ma loro hanno gia capito facendo finta del contrario.
La prima macchina in fila è quella del turco ablante.
Quando finalmente aprono la signora comincia a sbraitare alla macchina del turco/inglese che si barrica dentro.
La donna urla come una strega invasata ai finestrini delle macchine europee mostrando il pugno chiuso.
Io all’inizio osservo dalla moto sperando nel buonsenso di questi sedicenti rallysti ma quando vedo l’inasprimento della situazione scendo e
inizio a dire a tutti di tornare indietro e fare come dicono loro.
correndo avanti e indietro la strega aizza la folla fino a quando un gruppo di omaccioni non comincia a fare segno alle macchine di tornare indietro,
arrivando al punto di cercare di sollevare la macchina del turco per spingerla indietro, con ottimi risultati devo dire.
A questo punto il Figlio di Papà con la polo scende dall’auto a fare il maschione in cappellino da baseball e bermuda,
facendo il gesto di calmarsi con entrambe le braccia e si ritrova faccia a faccia con la strega, l’uno a sbraitare sull’altra.
Lui dice che non è questo il modo di comportarsi con noi, che dovrebbero ringraziarci perché “we come in your country to bring you money!”.
Sei un genio ragazzo, sei proprio un genio!
Ovviamente la signora capisce solo”money” recependo la frase come se fosse “ siete una manica di straccioni”,
si volta indietro e ricomincia ad aizzare.
Io riscendo dalla moto e fronteggio il cazzone urlandogli di tornare in macchina e fare come dicono:
siamo nel loro paese e dobbiamo stare alle loro regole così come pretendiamo che loro facciano quando vengono in europa.
Gli urlo come gli venga in mente di fronteggiare una folla inferocita in terra straniera, molto straniera, con quest’arroganza.
Mentre Mr. Bermuda mi guarda in cagnesco il cancello, che prima era stato richiuso per i disordini, si riapre e ne vengono fuori due giovanotti armati che placano la folla e ci fanno entrare senza passare dalla buca.
Ci mettiamo in coda anche lì insieme, ma ormai dopo la mia performance non faccio più parte del loro gruppo, e la cosa non mi dispiace affatto.
Provo a spiegare al turco che sicuramente io sono più attaccabile essendo in moto,
ma non sarà certo il finestrino dell’auto la barriera che impedirà il suo linciaggio.
Bermuda non mi caca più ed è meglio così.
Con Goffredo e col Motociclista riflettiamo insieme su come qui la polizia tenda ad incattivire le persone.
Alla fine questi sono uzbeki e hanno fatto 4 ore di attesa e controlli davanti alla loro frontiera del loro paese.
Anche qui ci agevolano facendoci passare avanti con lo sbattimento da un ufficio all’altro, dichiarazioni , moduli e alla fine passiamo dall’altra parte.
Sono partito alle 8.00, entro in Uzbekistan alle 2.00.
Suggerisco di fermarci alla prima chaykhana a cambiare soldi e a rinfrescarci con un te.
C’è un bazar subito dopo il cancello con i soliti cambiavalute e assicuratori,
ma i Crucchi e gli inglesi fanno schizzare via veloci le loro auto ricominciando a giocare ai piloti.
Bene, se ne andassero affanculo loro e l’arroganza da colonizzatore occidentale.
Io continuo piano sulla mia strada e mi accorgo subito che non ci sarà nulla per tanti km.
Sono tentato di tornare indietro quando sulla sinistra vedo una casupola bassa e povera con su scritto chaikhana.
Giro e parcheggio.
Intorno non c’è nulla, se non qualche altra casupola in lontananza nel deserto e la strada.
Il sole è accecante e il paesaggio rende la luce di un giallo intenso.
Busso e quando sporgo la testa per chiedere permesso,
intravedo nella penombra una grande sala piena di tappeti su cui conversano e riposano una decina tra uomini e donne che
mi guardano sorpresi e un po allarmati.
Uno mi fa cenno di entrare.
Mi tolgo gli anfibi roventi.
Ed entro.
Ciao e complimenti per la tua decisione. Bella la ripresa dello sterrato e visto la decisione con la quale guidi su quel tipo di strada riconosco che ho esagerato nel mio intervento precedente. Ho sicuramente scritto in base alla mia capacità di guidare la moto di molto inferiore alla tua.bravo. Partiti da Beyneu alle 7 entrati in Uzbekistan alle 14.30 anche noi ci siamo fermati a a fare benzina e cambiare i soldi nello stesso punto: benzina, ristorante, cambio e riposo.
Seguo sempre con gusto ma ora ti faccio una domanda che forse ti lascerà intendere che ho capito poco dove ti trovi (non riesco ad aprire i link di quello che credo siano i tragitti percorsi ....).
Ma alla fine per entrare in UZB hai ripreso la stessa strada dove ti eri infognato (Qulsary-Beynau-Nukus)?
Nel 2010 a Nukus vidi una carovana di TIR kazaki che si dirigevano verso ovest (quindi a casa) - e non certo erano diretti a sud in TM...
Sì ho ripreso la strada per beyneu-nukus che se guardi la mappa va verso sud est. dopo giorni che puntavo a est questo per me era gia puntare a sud. Il link dovrebbe dare l'anteprima direttamente sulla pagina del forum. O no?
NO CAZZAROLA! non ho messo gli screenshot di google
vabbè a casa provvedo scusatemi tanto
Turista, non sono assolutamente un manico del fuoristrada ne un pilota.
La prima moto l'ho avuta a 33 anni e se escludiamo turchia e caucaso col CBF questo è il mio primo vero viaggio in fuoristrada. Mi sentivo molto insicuro e più avanti nel racconto ci sarà modo di parlarne.
Il fatto è che su brecciolino e sabbia se non fili non va bene, e lo senti da te senza bisogno di fare corsi.
Ma un bel report del tuo giro hai in previsione di farlo? sarei curioso di vedere gli altri che giro hanno fatto, dato che quasi tutti i pochi biker che ho incontrato andavano in direzione opposta alla mia. Tu in che periodo ci stavi?
questo viaggio l'ho fatto guidando un furgone per assistenza a 14 moto dal 28-7 al 2-9
:Budapest H-Ternopol UA-Kirovograd-Donek-Volgograd Rus-Astrakhan-Atyrau Kaz-Beyneu-Nukus Uzb-Khiva-Buchar-Samarcanda-Tashkent-Fargana-Osh Kgz-Toktugul-Biskek-Alma Ata Kaz-Balkhasch-Astaa-Petropavlovsk-Chelyabynsk-Ufa Rus-Samara-Tambov-Charkhov Ua-Kirovograd-Chisinau Md-Cluj Napoca Ro-Budapest H casa.
Non mi sono ancora deciso a pubblicare le foto e per questo motivo non ho ancora scritto nessun report.
bisogna godersi il viaggio e non pensare solo alla meta
Seguo sempre con molto interesse e con una certa invidia ( non credo che avrò mai la possibilità di fare un viaggio così..)
Lasciami dire che secondo me questo non è un report ma qualcosa di più, c'è il lato umano sempre presente, tanto che anche Sofia ha qualcosa di umano
In certi tratti mi ricorda il report del ragazzo toscano che è andato in Lapponia con un vecchio Supertenerè.
Bellissine le foto dei bambini e la moto nel post 63.
Buona Strada!
BFS6; "Ho speso gran parte dei mei soldi in viaggi, moto e donne, il resto l'ho sperperato"..V.S. Siculo che vive sul mare, in Padania ; BMW R1200GS Lc Adventure "L'Incrociatore Tedesco"
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