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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata.

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  • Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata.

    Capitolo 1.
    Parto o non parto? ma sì, parto!

    Quest’anno di partire l’ho deciso tardi: fino a metà giugno non sapevo se avrei avuto il budget necessario per un viaggio
    e per quale viaggio.
    Il mio desiderio era di andare a Samarcanda passando per Russia e Kazakhstan e mi allettava molto l’idea di attraversare il Turkmenistan dopo aver preso il traghetto da baku (az) sul mar caspio. Insomma il giro classico via turchia georgia azerbaijan.
    Solo che avendo deciso tardi dovevo fare i conti con la burocrazia e il regime dei visti nei vari paesi, nonché il loro costo.
    E fatti conti ho optato per il percorso seguente:
    dalla grecia entrare in bulgaria, da li in ucraina attraverso la romania. Sbucare in Russia puntando verso il volga dal nord Kazakhstan scendere verso Uzbekistan dell est, attraversarlo tutto e risbucare in Kazakhstan occidentale. Da lì di nuovo russia verso la crimea e poi vedere cosa fare.



    Il tutto in una trentina di giorni. Il timore di averla sparata grossa è forte, ma ormai ho deciso e uno dopo l’altro faccio i visti, stando lasco sulle durate per incastrare ingressi e uscite.
    Quindi visto doppio per la russia, doppio per il Kazakhstan e singolo per l’uzbekistan per un totale di 290 euri.
    La preparazione è iniziata con il corso di russo da ottobre a maggio.
    L’anno scorso nel caucaso in molte situazioni non era possibile comunicare se non a gesti, essendo il russo l’unica lingua conosciuta negli stati dell’ex-impero sovietico.
    Stavolta volevo almeno essere a livello di sopravvivenza con la lingua. E devo dire che i 600 euri delle 100 ore di corso sono stati santi e benedetti. In un mese preparo la moto:
    Trittico trasmissione con catena DID x-ring che si è confermata ottima scelta.
    Per le gomme mi decido per heidenau K60 scout che si rivelano davvero spettacolari e durevoli.
    Per le valigie, dopo aver letto decine di forum sulle valigie artigianali, do fiducia ai due fratelli rumeni di Heavy Duties, che da Cluj Napoca costruiscono e spediscono valigie e bauli in alluminio e protezioni motore: due valigie da 39 lt + telaio in acciaio mi sono costati 360 euri spediti con atlassib che ha consegnato a roma tiburtina nel giro di 3/ 4 giorni. Anche di loro sono rimasto soddisfatto e piu avanti nel racconto capirete perché.
    Ultimo acquisto borsa da enduro della givi, non magnetica.

    L’ultimo visto, quello uzbeko, è pronto venerdì 27 luglio. Il 28 parto alla volta della calabria per salutare la famiGGhia e gli amici che quest’anno trovo sorprendentemente tutti tranquilli, almeno in apparenza.
    La mattina del 31 percorro la statale 106, sempre uguale e sempre bella, per arrivare a brindisi, da dove la sera mi imbarco per Igoumenitsa.
    Sono l’ultimo a sbarcare dal traghetto, avendo trovato un bel posticino sopra la moquette e avendo fatto con calma allo sbarco. La giornata è buona, è presto e mi concedo un caffè in una stazione di servizio fuori dal porto. Lì incontro 4 moto italiane stra attrezzati diretti in Cappadocia. Quando mi chiedono dove vado non ho il coraggio di dire subito Samarcanda, dico che vorrei arrivarci ma intanto vado in Russia.
    La giornata procede tranquilla: la Egnatia Odos è una buona e nuova autostrada che serpeggia tra bei paesaggi montani e collinari. Nel pomeriggio da Thessaloniki giro verso nord in direzione Bulgaria. Mangio alla frontiera, la più zozza che abbia varcato finora.



    Proseguo per un'altra 60 ina di km e mi fermo al tramonto in un motel in riva a un fiume.
    Questa prima giornata non è stata molto incoraggiante: i temporali, il caldo umido e il poco sonno in traghetto mi hanno abbastanza fiaccato. Tra l’altro anche i primi tentativi di parlare russo non sono stati proprio eccellenti: mi ritrovo a non riuscire a dire cosa mangiare alle signore del motel.
    Mentre mangio ho un attimo di scoramento: mi sembra di averla sparata grossa a iniziare questo viaggio e soprattutto mi rendo conto che quest’anno non avevo tutta questa voglia di partire da solo.
    Con questi pensieri non proprio esaltanti vado a nanna e mi sparo una dormita epocale.
    L’indomani mattina riparto con l’intento di entrare in Romania. La giornata è buona e la dormita mi ha fatto bene anche linguisticamente: parlo sempre na chiavica, ma almeno riesco a comunicare con gli uomini del turno di giorno e ci capiamo meglio. E quindi via. La Bulgaria ha una natura molto bella, e i paesaggi sono molto simili a quelli delle nostre campagne meridionali.



    Sulla statale per Sofia faccio una deviazione verso il monastero dipinto di Rila che è il più grande della nazione e risale al X secolo.

  • #2
    cap 1














    Riparto dopo un pranzo veloce e continuo verso nord. Avrei voglia di fermarmi nella capitale che mi sembra pulsare di vita, ma avendo idea della strada da fare decido di proseguire. La giornata scorre senza intoppi, la strada è buona e i bulgari alla guida sono molto cortesi: si fanno sempre da parte per farmi sorpassare e nessuno, nei vari bar o stazioni di servizio, ha mai cercato di fregarmi. Qualche km dopo Sofia il paesaggio comincia a cambiare e diventa pianeggiante. Mi accorgo che mi sto avvicinando alla regione del Banat, la grande pianura intorno al Danubio che attraversa il sud della Romania, parte della Serbia e ,ora scopro, anche la Bulgaria.
    La statale è trafficata da parecchi Tir e dove ci sono tir ci sono immancabilmente belle signorine in affitto



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    • #3
      cap 1

      Punto verso Oryahovo da cui parte un traghetto sul Danubio che sbarca a Bechet, in territorio rumeno. Ci arrivo che è ormai notte e l’unico motel intorno al porto mi fa un prezzo spettacolo: 5 euro per una stanza perché hanno un problema con gli impianti e non c’è acqua. Perfetto! Loro si scusano, io li ringrazio. Il posto lavora soprattutto con i camionisti e c’è l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con un paio di loro, uno dei quali conosce bene l’Italia e anche la Calabria, avendoci viaggiato piu volte. Il tipo dell’albergo è gentilissimo e cerca di non farmi mancare nulla: addirittura la mattina dopo mi accende la tv su Rai Uno per colazione. Io continuo col mio russo stentato dicendomi che andrà meglio.




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      • #4
        CAPITOLO2_ Drum Bun Din Romania

        CAPITOLO2_ Drum Bun din Romania




        http://grooveshark.com/s/Madagaskar/4KZeB?src=5
        vi suggerisco la colonna sonora :mrgreen:

        La figata di dormire a ridosso di una frontiera è che in 10 minuti passi dall altra parte e hai tutta la giornata per viaggiare.
        Questo per le persone normali. Per me no. Io perdo tempo quando dovrei spicciarmi.
        Tra sveglia tardi, colazione lunga e caffettone dopo traghetto mi muovo seriamente verso le 11 e mezza.
        Metteteci pure il cambio soldi in banca e gia la mezza giornata è bella che andata.
        Anyway…. Il traghetto è una piccola chiatta che attraversa il fiume in 15 minuti in un paesaggio verdissimo e quel giorno placidissimo.
        Scambio due chiacchiere con una famiglia rom che vive tra la Romania e la Grecia .











        Il paesino subito dopo Oryahovo è un grandissimo mercato a cielo aperto dove si vendono meloni, cocomeri e bestiame.
        Il mezzo di locomozione principale è il carretto trainato da cavallo, rigorosamente targato.

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        • #5
          cap2

          Attraverso la pianura sterminata in direzione nord verso Sfantu George e finalmente dopo
          Curtea de Arges inizia la tanto sospirata Transfagarasan ,che volevo percorrere da anni.
          Trattasi di strada realizzata ai tempi di Ceausescu, dallo stesso fortemente voluta, che si arrampica sui monti Fagaras , tra tornanti e montagne, costeggiando laghi e pascoli verdissimi. Il tempo non è eccezionale, a tratti c’è anche nebbia e man mano che si sale di quota la temperatura si abbassa piacevolmente nonostante l’umidità. Dopo una serie di tornanti nella pioggia raggiungo la diga del lago Vidraru, sorvegliata da una scultura in acciaio raffigurante una specie di uomo elettrico, tipo Mazinga in miniatura.













          per chi ha ha la pazienza e la voglia, si può sciroppare sto video grezzo della salita.
          Mi scuso per non averlo montato e per l'audio. spero di trovare il tempo di montare tutto il girato prima o poi. :oops:
          Anzi se mi spiegate come si fa a caricare i video con anteprima ve ne sarei grato.

          http://www.youtube.com/watch?v=n0OIv-grXIo

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          • #6
            cap 2

            Continuo la mia corsa per i monti Fagaras e noto che un sacco di gente campeggia liberamente ai bordi delle strade. Decido che è un ottima occasione per fare campeggio libero, visto che non starei da solo. E lo faccio dopo il valico del crinale: in cima ci sta una sorta di Cortina d’Ampezzo, costosissima per un italiano, improponibile per un rumeno standard. Mi accampo con il popolino sul versante ovest e ci metto poco a socializzare. O meglio ci mettiamo poco. Chiacchiero con un tipo che mi aiuta a montare la tenda: parla italiano e mi racconta un po com’è la vita da loro. Si parla di stipendio medio, di costo della benzina, di quanto costi fare una vacanza e di conseguenza perchè tutta questa gente a fare free camping. E’ chiaro che io tra i due sono quello ricco: la benzina per me è molto economica lì e anche tutto il resto, dal cibo al pernottamento. Sarebbe però per me impossibile fare un giro d’ italia in moto visti prezzi di qualsiasi cosa nel bel paese. Montata la tenda vado da un gruppo di autoctoni dotati di fuoco e vivande a chiedere se mi vendono una birra, essendone sprovvisto. Inutile dire che me la offrono.







            Ceno con le mie scatolette bulgare insieme a loro, e un tipo che lavorava in italia mi fa da interprete. Il nome non lo ricordo, ma ha la mia stessa età, due figlie e un’azienda di trasporti insieme al fratello ereditata dal padre. Quello che mi salta all’occhio è il senso della famiglia di quest’uomo, che gia avevo riscontrato in altri suoi connazionali quando passai da Timisoara qualche anno fa. Il tipo è ritornato dall’italia, dove ha conosciuto la moglie anche lei rumena, per prendere in mano gli affari familiari e sposarsi. Ora, giustamente, le figlie sono tutto per lui e un viaggio come il mio, a suo dire, ormai non lo potrebbe più fare. E’ lui il primo a mettermi in guardia riguardo agli ucraini, soprattutto mi dice di stare attento alla polizia, in particolare a quella di frontiera.









            http://grooveshark.com/s/How+To+Play...n/36zmW8?src=5

            L’indomani ridiscendo a valle verso Brasov, dove mi fermo per il pranzo approfittando dei bassi prezzi sebbene si tratti di località turistica.
            Evito comunque di fare visite turistiche: la Romania sta a due giorni di moto e posso ritornarci quando voglio.

            http://youtu.be/y4iyi8pBw1Y
            chi ha voglia si spari pure il video della discesa.

            Brasov:





            [url=http://postimage.org/image/wjl9apkev/]

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            • #7
              cap2

              Riparto in direzione dei monti Carpazi e da Sfantu George in poi mi accorgo che i cartelli sono bilingue, sia in rumeno che in ungherese.
              Il perché me lo spiega un barista di Miercurea Ciuc dove faccio una sosta per il gran caldo.
              In quell’area vive una sorta di enclave ungherese che ha mantenuto tradizioni e lingua originarie e, sebbene i due popoli non vadano proprio d’accordo, loro si sentono appartenere a entrambe le culture.





              Approfitto per fare un giro nel parco della città visto che oggi è giorno di festa popolare.



              Mi soffermo , chissà perchè, a guardare il saggio di pseudodanza di una palestra locale:



              Mi fermerei volentieri ma la strada è tanta e la Romania non è la mia meta.
              Andando verso nord rientro nuovamente in paesaggi silvestri che
              portano a una gola spettacolare nata dal percorso del fiume che che sfocia nel lago Izvorul.






              http://www.youtube.com/watch?v=DquwBUDW8vY
              video grezzo, per ora è così... ormai lo sapete 8)

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              • #8
                cap 2

                Ormai sta facendo notte ma gli alberghi e le cabane dei camping sono strapieni essendo il fine settimana. Tutto pieno a Bicaz, sono ormai rassegnato a guidare in notturna fino al paesino successivo, quando lungo la strada in un campo sulla mia destra vedo un fuoco acceso con una tenda e una moto ferma. Mi fanno segno di fermarmi. Sono due motociclisti svizzeri, marito e moglie sulla cinquantina, in giro tra Romania e Moldavia. Sostano lì per la notte perché hanno ricevuto ospitalità spontanea dal l’anziano proprietario. Il figlio ci spiega che il padre passa lì tutte le estati per curare il terreno, dormendo in una baracchetta e spesso permette a viandanti e turisti di trascorrere la notte sulla sua proprietà. Il posto è perfetto e c’è anche una piccola sorgente dove lavarsi.








                photo: othmar joller

                Monto la tenda e ritorno a Bicaz a prendere un po di birra per ricambiare l’ospitalità.
                Passiamo la serata insieme ai figli del proprietario, uno più bucolico e bonaccione (che si vede nelle foto) al quale
                faccio provare i peperoni cotti sulla brace e spellati( strano ma vero non sapeva si potessero cuocere così),
                l’altro parlante un ottimo inglese e profondamente nostalgico per il regime di Ceausescu.
                Inizia una lunga discussione sui valori e sull’educazione imposta dall’alto e soprattutto sul popolo rom.
                Mi dice che se ospitano gente nel loro terreno è anche per diffondere una buona immagine del popolo rimeno,
                offuscata dai Rom sparsi per tutta l’Europa a fare danni che poi i media imputano ai Rumeni.
                Li descrive come una piaga inguaribile mentre io cerco di fargli capire le cause della loro situazione, il non essere accettati perché nomadi, la fine dell’economia di cui vivevano.
                E soprattutto gli dico che secondo me sono parte integrante della loro cultura, non fosse altro che per la loro musica, che peraltro adoro.
                Lui ribatte dicendo che la parola Rom fu inventata da Ceausescu per includere gli Tzigani tra le genti di Romania.
                Inutile dire che odia profondamente anche gli slavi, soprattutto i Russi per come si sono vendicati per le alleanze durante la seconda guerra mondiale.
                Stalin punì la Romania per essere stata al fianco della Germania all’inizio del conflitto:
                una volta diventata competenza dell’URSS venne abbandonata a se stessa nelle mani di un dittatore spietato e sottoposta ad angherie di ogni sorta.
                Però, a suo dire, quando c’era Lui tutto funzionava: avevi cibo anche se poco, un istruzione, un lavoro e nessuno rubava e c’erano le buone maniere.
                Il clima della serata nonostante le divergenze rimane disteso e anzi il tipo apprezza che si possano esporre idee così distanti in una conversazione rilassata.
                E meno male.

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                • #9
                  cap 2


                  http://grooveshark.com/s/Dragoste+De...i/2IJkQh?src=5

                  L’indomani io e gli svizzeri facciamo un pezzo di strada insieme.
                  A Poiana Largului saluto Othmar e Marie-Theres: loro girano a est verso la Moldavia,
                  io vado a nord a visitare i monasteri dipinti della Bucovina prima di entrare in Ucraina.
                  La strada è fantastica da guidare e le montagne rumene sono bellissime









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                  • #10
                    cap 2









                    Photo: Othmar joller



                    Mi riprometto di ritornarci con più calma e tempo per esplorare di più e meglio conoscere questo popolo accogliente e disarmante per la sua semplicità. Mi fermo a Vatra Dornei per pranzare. Al bar vengo immediatamente accolto da un tavolo di persone che mi fanno sedere con loro e partono i giri di birra. Tra di loro c’è Alex , che vive a Trento da qualche anno insieme alla madre e che mi fa da interprete con gli altri. In Italia fa il verniciatore industriale e dice di trovarsi bene. Gli dico che anch’io mi trovo bene in Romania e che ci resterei un po. Secondo lui mi dovrei fermare per la notte e lo farei volentieri ma la strada è tanta e ormai lo sapete.






                    Per farla breve per pagare un giro di bevute devo farlo di nascosto, dato che non faccio in tempo a finirne una che ne arriva un’altra.
                    Nel frattempo arriva una coppia di napoletani su ktm che si sedono in disparte. Quando andiamo a parlare con loro sti cazzoni si lamentano del popolo rumeno definendoli aggressivi e poco ospitali, cosa che dovresti evitare se sei in Romania e hai davanti la prova vivente che se te la sai regolare si aprono tante porte. Baci e abbracci e foto di gruppo e riparto verso i monasteri.

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                    • #11
                      cap 2

                      Le chiese dei monasteri di Humor e Voronet sono dei piccoli gioielli dipinti a fresco centinaia di anni fa,i e il fatto che le pitture si stiano deteriorando aumenta il fascino di queste chiese centenarie.














                      Rimango sempre sorpreso dal fatto di essere un visitatore molto piu rispettoso, sebbene lontano da ogni credo religioso, di quanto lo siano i sedicenti fedeli.
                      Che si tratti chiesa o di moschea, mi infastidisce profondamente chi parla ad alta voce o entra con canottiere, pantaloncini, gonne corte e cose simili mentre c’è chi sta lì a pregare. Non ho una fede e credo che le divinità siano invenzioni dell’essere umano, ma così importanti per molti da essere fondamento di culture e regole sociali. Quindi perché offendere deliberatamente, per Dio?
                      Comunque sia ho ancora un po di sole a disposizione allora punto verso la frontiera.
                      Mi fermo a Siret, ultima città prima dell’ucraina e già da Suceava il paesaggio anticipa quello della Piccolarussia:
                      le montagne hanno ceduto il posto a pianure sconfinate coltivate a girasoli.
                      Dopo due giorni di campeggio libero è davvero un piacere avere una stanza d’albergo e una doccia.
                      Anche se arrivo al tavolo con mappa e frasario russo per fare un po di ripetizioni, passo la serata a chiacchierare col proprietario del Downtown hotel, rumeno parlante inglese.
                      Anche se sa che non ritornerò mai più (forse) al suo hotel, si premura di non farmi mancare nulla, talvolta anche servendomi lui stesso.
                      Parliamo delle nostre vite , toccando anche argomenti delicati e dolorosi della sua.
                      Mi stupisce il fatto di non aver provato pesantezza a parlare di certe cose, ne sentito fastidio in lui alle mie affermazioni forse dure ma schiette.
                      Ha passato qualche anno a lavorare in Inghilterra e sta pensando di spostarsi nel centro dela città perché lì si fanno pochi affari.
                      A differenza del tipo della sera prima, Eugeniy è felice della fine della dittatura. Per lui serve solo se sei incapace di badare a te stesso e hai bisogno di qualcuno che ti dica cosa fare.
                      Anche lui odia i Rom ma il suo punto di vista è molto più lucido e supportato dalla conoscenza della storia e non nega che a questo popolo non sia mai stata data sul serio una possibilità, soprattutto a causa del colore della pelle e per il fatto che, arrivati come schiavi dei turchi, una volta cacciati gli invasori siano stati trattenuti ma sempre come casta inferiore e sottoposta.
                      La serata prosegue tra chiacchiere varie con gente del posto, mentre eugeniy si affanna dietro all’arrivo senza preavviso dell’ ambasciatore bielorusso con famiglia, a quanto pare ospite fisso.
                      Con i ragazzi del posto parlo un po d’italiano, una parla inglese e io prometto di tornare l’anno prossimo e parlare rumeno. Insomma una serata trascorsa sulla veranda di un amico ad aspettare che la tempesta arrivi e lavi via l’afa di qiuei giorni.
                      Incontrerò di nuovo eugeniy l’indomani mattina e prima di andare via mi lascia qualcosa di freddo da bere da portarmi via.
                      Anche stamattina sono lento a partire: Fa caldo come sempre.
                      La tempesta e la pioggia non hanno intaccato minimamente l’afa, che semmai è aumentata.
                      Oggi ho paura a partire.Ho paura perché da oggi in poi è tutto in russo e io non mi sento affatto all’altezza.
                      Siamo ad Agosto, il corso è finito a maggio e da allora non ho più parlato in questa lingua.

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                      • #12
                        Capitolo 3_ Ogni Cosa è Illuminata(?)

                        Capitolo 3
                        Ogni cosa è illuminata(?)


                        http://grooveshark.com/s/Odessa+Medley/2zun1b?src=5

                        Le prime persone con cui mi ritrovo a parlare sono le guardie di frontiera, tutte donne.
                        Al primo varco una mi chiede d’accendere e fin li ci arrivo, ma appena incolonnato arriva una valchiria cattivissima e incazzatissima che intima a tutti di stare in auto e a me di stare vicino alla moto.
                        La coda è lunga e ogni volta che il popolo chiacchiera la nostalgica del Soviet viene ad abbaiare.
                        Alla fine tra occhi dolci e qualche sorriso riesco ad ammorbidirla e a farla essere a tratti gentile.
                        Scena tipo “Pasqualino Settebellezze” per gli estimatori della Wertmuller.
                        Alla fine riesco ad entrare in Ucraina che è pomeriggio dirigendomi verso Chernivtsi ma decidendo di saltarla perché comunque l’obiettivo rimane l’asia centrale.
                        Mi perdo un paio di volte durante la giornata, una volta perchè copilot mi portava su una strada chiusa, l’altra perché avevo letto male un nome su un cartello.



                        M’incazzo un po ma è la scusa buona per interagire con gli autoctoni. Ritrovata la strada incomincia la traversata di questo paese enorme e verdissimo. Pare che sia la terra più fertile d’europa e che sia stato il granaio dell’ unione sovietica. Ciò non ha impedito al compagno Stalin di affamare la popolazione sequestrando tutta la produzione nell’anno 1932/33 per piegare i kulaki (latifondisti) alla collettivizzazione.
                        Attraverso sterminati campi di girasole e di grano, il colore dominante è il giallo senza tregua ne soluzione di continuità.



                        In un paesino lungo la strada vedo un carretto trainato da trattore seguito da
                        un’ orchestrina di pochi elementi e attorniato da un po di gente.
                        Sul carretto una donna vestita da sposa.
                        *****, mi fermo ! subito!
                        Parcheggio un po più avanti e non faccio in tempo a raggiungere la festicciola che già mi arriva lo sposo adoffrirmi
                        vodka, acqua e cibo. Il cibo lo vorrei rifiutare ma mi obbligano letteralmente.
                        Capirò in un paio di giorni il perché. Chiamano una ragazza che sta facendo le foto a fare da interprete,
                        visto che vive e lavora in Italia.
                        Mi spiega che i ragazzi si sono sposati e fanno questo giro come secondo festeggiamento insieme a tutta la gente del paese.
                        Vado a dare gli auguri agli sposi e alla madre dello sposo, anche lei lavorante in italia.
                        Ho un attimo di perplessità quando vedo che la donna vestita da sposa è in realtà un uomo:
                        è tradizione che il migliore amico dello sposo si vesta lui da sposa.
                        La madre mi chiede se sono sposato e perché non lo sono, e che dovrei prendermi una donna ucraina.
                        Gli dico che sono gia impegnato ma insiste nel dire che dovrei pensare a una donna ucraina.
                        Salutano per continuare il giro mentre io risalgo verso la moto insieme ad altri del paese che ascoltano interessati i miei progetti di viaggio (o quello che riesco ad esprimere).
                        Un'altra donna che vive in italia mi consiglia di rimanere lì senza andare in russia e di portarmi una donna ucraina.
                        Vabbò, saluto tutti e proseguo.

                        http://www.youtube.com/watch?v=1CW-P7Ya0UE
                        Vi chiedo ancora scusa per i video grezzi e non montati, ma vi tocca così :mrgreen:

                        Ormai i piani per le varie tappe sono saltati ed è entrata in vigore la buona regola del
                        “faccio più strada che posso e poi vediamo”.
                        Col risultato che alle 19.00 col sole al tramonto mi ritrovo nel vero nulla.
                        Un benzinaio chiuso nel suo bugigattolo mi dice che l’unico albergo dei dintorni si trova nella città di Bar a 30km.
                        E’ una deviazione dal percorso ma non me la sento di accamparmi da solo.
                        Raggiungo bar che è notte e fortunatamente incontro dei ragazzini che parlano inglese e mi indicano i vari alberghi,
                        ma purtroppo l’unico con stanze libere èil piu costoso (15 euri) .
                        Dopo una contrattazione in una lingua assurda col portiere mi sistemo e faccio una doccia.
                        Quando scendo per trovare qualcosa da mangiare non trovo nessuno.
                        Tra l’altro la moto è rimasta chiusa nel cortile e io non ho nessun accesso per andare a prendere i bagagli.
                        Cerca che trovi, nella sala biliardo al piano interrato incontro dei ragazzi intorno ai vent’anni,
                        tra cui quella che scopro essere la figlia del proprietario.
                        La Paris Hilton locale si interessa oltremodo a me e al mio viaggio e praticamente non mi molla più.
                        Si premura di farmi cucinare un paio di piatti tipici ucraini e ceno insieme a lei, suo fratello e il custode.
                        Ricambio con sigarette di tabacco e inizio timidamente a formare frasi di senso compiuto in russo.
                        Fortunatamente lei parla inglese abbastanza bene e questo agevola molto le cose.
                        Si offre di farmi fare un giro della città l’indomani, ma per il fatto che voglio partire presto decide di farmelo fare in notturna. E quindi al chiaro di luna andiamo a esplorare la città di Bar, che male non è.
                        Chiese ortodossa e cattolica vicine, parco dei caduti con muro di epoca romana o giu di lì e poche altre cose.
                        Raggiungiamo i suoi amici presso un “magazin” e ritornati all’albergo vado a nanna dopo scambio di contatti e ringraziamenti. Mai piu sentita.


                        http://grooveshark.com/s/Bublitschki/1QsqqC?src=5
                        La sveglia l’indomani risulta fastidiosa non essendo aperto il bar dell’hotel.
                        Esco e trovo vicino alla stazione dei bus un bar che mi fa giusto un paio di Nescafè.
                        Sto ancora rincoglionito ma decido di muovermi lo stesso.
                        La giornata scorre via tra lunghi rettilinei cosparsi da buche , che tagliano i campi.



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                        • #13
                          cap 3

                          Numerosissimi ponti per controllo dei veicoli ai bordi delle strade e le pensiline in cemento decorate.
                          Questa dei ponti per le emergenze è eredità dei tempi dell’unione sovietica che ritroverò anche in Russia e in Kazakhstan ed è un ottima e provvidenziale trovata visto che tra un centro abitato e l’altro
                          le distanze possono essere anche di decine e decine di km.
                          Uniche note da segnalare: una sosta in una piazzola con un magazin e tre chioschi per mangiare
                          scatolette che mi porto dalla romania e farmi un caffettone in moka
                          (e per pulire la borsa del cibo, visto che un peperone e un pomodoro si sono maledettamente marciti),
                          l’altra non so dove alla vista di tre enduro targate Polonia:
                          sono cinque ragazzi di ritorno dalla Crimea, che mi viene descritta
                          bella ma zozzissima (e carissima) essendo periodo di invasione estiva da parte dei russi.
                          Inizio a pensare che non sia il caso di tornare via Ucraina.










                          La giornata finisce poco prima di Oleksandriya in un motel lungo la strada.
                          Entro a chiedere e trovo una tavolata con una 30ina di persone che festeggiano i 18 anni di una ragazza.
                          Prendo una stanza e le signore mi fanno mangiare in camera.
                          Inutile dire che dopo cena scendo al bar a farmi una vodka: c’è una festa e di sicuro non voglio perdermela.
                          Le signore del bar sono molto gentili ma nessuno si cura di me e la prima vodka me la bevo fuori,
                          fumando un paio di sigarette e mandando qualche sms.

                          http://grooveshark.com/s/Zvezda+Rok+...a/4C6kRd?src=5
                          Mentre sto per tornarmene in camera, a sorpresa, la nonna e la zia della festeggiata mi invitano a bere e mangiare con loro. C’è un’acquavite fatta da quello che mi pare essere uno zio oltre a vodka di ottima qualità.
                          Io bevo ma rifiuto di mangiare anche se le signore insistono. Nel giro di pochi minuti sono parte della festa:
                          bevo con loro, ballo con le buzzicone, la festeggiata e le sue amiche.
                          Nelle pause sigaretta le chiacchiere vanno via bene e mi sento sempre più capace di esprimermi.
                          Anche qui mi dicono che dovrei sposarmi con una donna ucraina e addirittura cercano di propormi la festeggiata. L’impressione che sia uno scherzo si affievolisce man mano che il ragazzo che mi propone la cosa
                          (che mi sembra essere il fidanzato di lei per il fatto che si tengono per mano) ritorna sull’argomento tre o quattro volte,
                          fin quando decido di dare corda alle donne oltre i 35,
                          ormai sposate e sistemate e accompagnate da mariti in piena dedizione all’alcool, per evitare situazioni di malinteso.
                          Il fatto è che questi bevono e mi offrono da bere di continuo , e io certamente non rifiuto.
                          Ma mentre loro continuano a mangiucchiare io bevo senza mangiare altro anche se loro insistono perché metta qualcosa nello stomaco.
                          Così, tra una canzone di Celentano e una lezione sulle parolacce in ucraino e corrispettivi in italiano,
                          mi ritrovo senza accorgermene ubriaco e devastato come non mi capitava dalla prima sbronza a 15 anni,
                          a livello di non riuscire neanche a salutare e andando via sbattendo per i muri e rotolando sulle scale per raggiungere la camera. Il letto mi sembra un porto felice dopo la tempesta in alto mare e ci piombo sopra scomposto e completamente vestito. Mi sveglio l’indomani prestissimo con un mal di testa clamoroso per andare a vomitare e rimettermi a letto.

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                          • #14
                            cap 3

                            Alla fine non ne posso più di stare a letto e mi alzo verso le 9.00.
                            Al bar non ci sono più le signore della sera prima ma una donna giovane e tarchiata che mi guarda in cagnesco mentre pulisce il locale. Completamente nauseato dalla candeggina usata dalla gnura bevo un espresso doppio nella veranda mentre al tavolo di fronte, fresco e profumato come se non avesse mai bevuto in vita sua, sta lo zio della ragazza che tra una smadonnata e l’altra con i suoi interlocutori mi lancia inequivocabili sguardi e battute di presa per il ****.
                            Il litro di Borjomi (acqua minerale georgiana effervescente e leggermente salina algusto, la preferita di Lenin) va giu in attimo e mi da sollievo dall’arsura della sbronza.
                            Ma dura solo un attimo: ritorno di corsa in camera a rivomitare il caffè e tutto il litro d’acqua che in pochi minuti avevo tracannato.
                            Passo mezz’ ora sotto la doccia a massaggiarmi la testa, il collo e gli occhi.
                            Vado via non perché sia in grado ma perché non ne posso più di quel posto e più in generale di km e km di campi coltivati. Riesco a fare non più di 20 km e mi devo fermare sotto un albero per strada:
                            sono debole, indolenzito e affamato, fa un caldo boia e il sole mi buca gli occhi con fitte che mi trapassano il cranio
                            Maledetti, non mi fotterete più: ora ho capito come fate a bere litri di vodka senza stramazzare a terra.


                            http://grooveshark.com/s/Inside+Out/48QkX5?src=5

                            Mentre sto con gli occhi coperti cercando di riposarli sento dei passi avvicinarsi.
                            E’ un contadino che poco più in là sulla strada ha un piccolo banchetto di frutta.
                            E’ piccolo di statura, sulla 60ina, sorridente e con gli occhi buoni.
                            Mi chiede se è tutto OK e se ho bisogno di qualcosa. E una sigaretta.
                            Gliene giro una di tabacco e mi ringrazia due o tre volte mentre guarda ammirato la moto e
                            mi chiede da dove vengo e dove sto andando.
                            Gli rispondo anche se in quel momento preferirei la sana vecchia indifferenza europea,
                            ma la bontà che emana quest’uomo è irresistibile e non posso farne a meno.
                            Capisce che non sto messo bene e mi lascia riposare mentre fuma soddisfatto.
                            Ritorna dopo due minuti a portarmi delle piccole mele e un grappolo d’uva, che accetto sorridendo con grande piacere.
                            Mentre ne mangio un paio ritorna con una caraffa d’acqua che bevo a piccolissimi sorsi:
                            è fresca e dolce anche se non pare proprio pulitissima.
                            Sembra un infinito nulla quella distesa di campi, ma in quella mezz’ora è passato un mondo di persone:
                            a piedi, su side-car e motorette di epoca sovietica, trattori e muli.
                            Questa breve sosta mi rimette in forze quanto basta per proseguire, non senza essermi sparato due buste d’aspirina.

                            Nel pomeriggio sono a Dnipropetrovsk (che doveva essere la tappa del giorno prima, almeno)
                            dove trovo un temporale in avvicinamento. Mi fermo per un’oretta ad aspettare che il tempo si stabilizzi
                            mentre cerco un collegamento internet per parlare con la dolce metà ( in viaggio in Ecuador) e cercare informazioni sulla frontiera tra Russia e Georgia.
                            Avevo cercato informazioni sulla frontiera di Kazbegi, ma non era chiaro se fosse stata aperta ai cittadini non-CSI o meno. Non trovando connessione mando un sms a mio fratello per chiedere di fare lui una ricerca, metto su l’antipioggia e vado via. Alle porte della città il temporale ha fatto un po di danni e allagato le strade. Il paesaggio è piatto e quasi lagunare: Dnipropetrovsk è la città più grossa sul fiume Dnepr, la grande lama d’acqua che taglia in due l’Ucraina, da Kiev al Mar Nero. Arteria di collegamento principale e parte dell’identità nazionale, lo troviamo sia nei racconti di Gogol che in quelli del pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti che ai magistrati spiegò come le navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi raggiungessero su questa strada d’acqua il mar Nero da Kiev, prima di essere fatte affondare al largo delle coste italiane.
                            Insomma una fiumara di un certo livello.







                            In serata riesco a raggiungere Donetsk, dove giro un po per cercare un hotel a prezzi ragionevoli.
                            La città è grande e moderna ma troppo cara per le mie tasche.
                            Finisco per dormire al Volvo hotel alle porte della città: sostanzialmente un motel per camionisti, che per me è perfetto, vicino a una stazione di servizio. Prendo una stanza senza finestre ma con lucernaio e il bagno tutto per me .

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                            • #15
                              cap 3

                              Mangio l’ultimo scatolame rumeno insieme a tre camionisti della mia età e tre ragazze che credo essere le loro donne.
                              Gli uomini sono ospitali e, non ricordando i loro nomi, li chiamerò il boss, il bonaccione e il frustrato.
                              Il frustrato è quello che parla qualche parola d’inglese ma più di tutto ripete “I’m sorry”,
                              riferendosi al fatto che i suoi amici non parlino inglese ( a dire il vero neanche lui).
                              Dei tre è quello che dallo sguardo sembra patire di più la vita del camionista e la vita in genere.
                              Il bonaccione è quello che incalza sempre con le domande, anche quelle fastidiose tipo “quanto guadagni?”
                              ma ride sempre e ha gli occhi buoni.
                              Il boss è quello col fare più calmo e lo sguardo di chi sa il fatto suo e si capisce che la sua parola è sempre l’ultima.
                              Il frustrato si offre di accompagnarmi a prendere qualche birra insieme e non riesco a non farmela offrire mentre mi racconta che la madre vive e lavora in italia. Le chiacchiere durante la serata vanno tranquille, una delle ragazze parla un po d’inglese e quando non riesco in russo ho una lingua di scorta.
                              Mi accorgo che il frustrato quando dico di non conoscere le parole che pronuncia, mi guarda fisso negli occhi parlando con lo sguardo di chi ti dice qualcosa di brutto col ghigno sfottente, cosa che conosco bene perché quando ero bambino i bulletti usavano fare così, pronunciando frasi dialettali, con i "forestieri" in vacanza che non capivano una mazza di calabrese
                              (ma se fate un giro a piazza di spagna vedrete tuttora le stesse scene tra adulti romani e turiste straniere).
                              L’impressione è confermata dalla ragazza che lo rimbrotta a queste espressioni e quando chiedo cosa voglia dire,
                              lei svicola senza darmi spiegazioni. La conversazione rimane comunque tranquilla.
                              La cosa che sconvolge tutti non è il viaggio in solitaria o la destinazione (che pure interessano) ma il fatto che a 39 anni non sia sposato. La tipa parlante inglese mi chiede tre volte “why?” .
                              Io non posso che rispondere che in Italia ormai si usa così, che i tempi si sono allungati, che non abbiamo certezze economiche e tutta la catasta di scuse generazionali che faticosamente abbiamo costruito per cazzeggiare piu a lungo possibile in quest’epoca storica.
                              Si rassicurano quando dico che comunque ho una donna, anche se non convince il fatto che non sia in viaggio con me.
                              Mi spiegano che loro invece entro i 25 anni convolano a nozze e quando non succede ci si comincia a preoccupare.
                              In ogni caso tutto procede bene, fin quando non succede qualcosa di fastidioso:le ragazze mi chiedono cosa ne penso delle donne ucraine. Una delle tre scherzando palesemente mi dice di portarla con me in Italia.
                              Racconto loro (in Inglese) il fatto che nel loro paese ovunque mi hanno proposto di sposare una donna ucraina per portarla via e questo mi ha dato un certo fastidio. La ragazza parlante inglese dice: “che stupide!”
                              Quando mi viene chiesto di spiegare il perché del fastidio, dico che se tu vuoi scappare con me dopo un minuto che mi hai conosciuto, allora non sono io ad interessarti ma il mio passaporto e i soldi che credi io abbia, perciò tiè!
                              E faccio il gesto dell’ombrello.
                              A questo punto il frustrato comincia a borbottare sempre di più e si incazza proprio.
                              Capisco che dice qualcosa come: “Le nostre donne sono lì a pulire il **** ai loro vecchi e lui si permette di dire queste cose.” E altre amenità di questo tipo. Tutti lo cazziano e cercano di fargli capire che stavo parlando completamente d’altro,
                              provo a dirgli che anch’io sono migrante e so cosa significhi, ma gli altri mi dicono di lasciar perdere.
                              Lui a intervalli regolari di 20 secondi bofonchia qualcosa, seguito dalle cazziate degli altri. Anche se mi chiedono scusa a me non va piu di parlare: mi sento davvero urtato da questa persona che ha insistito per farmi stare con loro, poi mi prende per il **** e per giunta si incazza pure. Oltre a ciò la mia moto sta parcheggiata proprio lì dove stanno loro e comincio a temere di trovare brutte sorprese l’indomani.
                              Il boss mi chiede se è tutto ok, io rispondo che sì, ma che sono stanco e me ne ne vado a letto.
                              Tutti cercano di fermarmi, mi dicono di non prendermela, anche il frustrato cerca di scusarsi , ma ogni volta che dice qualcosa, gli altri lo cazziano (e quindi sta ancora sputando veleno).
                              Me ne vado dicendogli :” Scusami tu, se ti ho offeso non volevo. Io e te abbiamo un problema, solo uno, ed è la lingua.” Salgo in camera che ancora lo stanno cazziando tutti e vado a dormire stanco e, ora anche io, frustrato.
                              La frustrazione è decisamente contagiosa.

                              L’indomani a colazione scopro che le ragazze lavorano al ristornate del motel.
                              Le trovo indaffarate a cucinare e servire colazioni. Incontro e saluto il bonaccione e comincio a preparare la moto.
                              Una donna dell’albergo (che si atteggia a proprietaria) mi fa un paio di foto, ne facciamo un paio anche con le ragazze che lavorano (con la capa della cucina che le cazzia per la pausa).
                              Mi si promette che le foto arriveranno via facebook, ciò non è mai successo.
                              Ci metto un po a caricare la moto: inverto di posto le borracce con la borsa grande del cibo, che così mi fa anche da schienale sul sedile passeggero.
                              Quasi tutta l’Ucraina è stata una serie di rettilinei infiniti e ogni giorno
                              mi sono trovato ad alternare guida seduta a guida in piedi per riposare la schiena.
                              Attacco alla moto i regali ricevuti il giorno prima:
                              una bandiera ucraina regalatami dai camionisti e un piccolo portachiavi datomi da un signore poco dopo Dnipropetrovsk, in una sosta caffè. Gli ho chiesto se lui e la moglie fossero ucraini, credendo fossero tzigani sinti per i tratti somatici.
                              Mi ha risposto : “Niet, ya yivrei. No ya jiviosh v Ukraine”. “No, sono ebreo. Ma vivo in Ucraina”
                              “Ah, Ebreo di dove?”
                              “Di Israele, ma la mia famiglia ha sempre vissuto qui, e anche io.”
                              Chiaro, no?



                              In questi giorni mi sono rassicurato abbastanza sulla lingua: il primo vero exploit l’ho avuto un paio di giorni prima con la polizia per contrattare la mazzetta da lasciargli.
                              Non potevo evitare: eravamo solo io e tre poliziotti nel nulla dei campi di girasole.
                              Mi hanno contestato di non essermi fermato a uno stop, sempre nel nulla, dicendo che ero stato ripreso dalle telecamere sulla strada, indicandomele.
                              Il ragazzino maneggiava una handicam spenta per avvalorare il possesso di schiaccianti prove.
                              Quando gli chiedo di farmi vedere il filmato lui dice che no,ora non si può.
                              Ok, capito: vado dal capo e contrattiamo. Alla fine me la cavo con 15 euri, metà multa.
                              Mi incazzo un po ma mi passa subito.
                              Mentre bevo il terzo caffè della mattina guardo le mappe e calcolo percorsi.
                              Inconsciamente mi sto dirigendo più a sud di quanto previsto: sto puntando verso Astrakhan e non verso Volgograd.
                              A occhio vuol dire che passerò due volte per la stessa strada, ma devo accorciare le distanze.
                              Se dalla Russia potessi entrare in Georgia sarebbe ottimo, ma mio fratello non è riuscito a trovare nulla in merito e mi sta salendo una fretta del diavolo. La proprietaria dice che dovrei fermarmi a vedere Donetsk che è una bellissima città.

                              Ma è il 9 di Agosto e io non ne posso più dell’Ucraina, è tempo di entrare nella Grande Madre Russia.
                              Il collega mi chiama da studio e mi dice che mi hanno bonificato i soldi di luglio.
                              Con quest’ottima notizia e il cuore carico d’aspettativa mi dirigo verso la prima vera frontiera della mia vita.

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