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Veloce panino con salsiccia, quaranta minuti dopo riparto e alle 15 sono al cospetto del Nuvolau, una delle più belle cime delle montagne più belle del mondo… e il passo Giau è per me anch’esso il più bello del mondo: peccato che stavolta io lo affronti “al contrario”, è molto più divertente salire da Selva di Cadore… e una volta a Selva di Cadore non vogliamo andare a salutare anche “el Cadregon”? e così su per il passo Staulanza fino al cospetto del Monte Pelmo, raggiunto in una mezz’oretta. Giù per la Val di Zoldo si passa accanto alla diga di Pontesei, il “piccolo Vajont” con riferimento alla frana che, nel 1959, causò un’onda che travolse, unica vittima, il guardiano del cantiere della costruenda centrale elettrica. Solo quattro anni più tardi avverrà il disastro di Longarone.
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Arrivo a Longarone alle 16.20: c’ero passato altre volte ma mi ero fermato solo alla diga: stavolta parcheggio davanti al museo. La forra del Vajont è lì di fronte; la diga, all’epoca la più alta diga ad arco del mondo, è sempre lì, un capolavoro di ingegneria: quello che è successo il 9 ottobre 1963 alle 22.39 mi è ben noto, dovrei averlo assimilato ma esco dal museo con un groppo alla gola. Dopo la visita alla chiesa dalla forma di anfiteatro all’interno e all’esterno è giunta l’ora di rientrare, sono le 18.
Il grosso del traffico verso valle, che si sta intensificando, entra in autostrada a Pian di Vedoia, io proseguo fino a Vittorio Veneto sulla statale Alemagna per vedere il lago di Santa Croce (basso come se non più dell’omonimo Sainte-Croix visto due settimane fa), valicare Sella Fadalto e dare un’occhiata alla centrale elettrica di Nove (devo informarmi per sapere se è visitabile), ultimo pieno di benzina dei quattro di questo viaggio e via, infilo l’autostrada senza fermarmi fino a casa dove arriverò alle 22…
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… dopo un totale di 1270 km… ho trovato il mio limite. Anzi, adesso torniamo ai giretti con più visite.
Ma mai dire mai.
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Domenica 4 settembre parto con calma alle 9.30 e punto verso il Cadore passando per Sauris che raggiungo attraverso il Passo di Pura perché avevo già percorso l’altra volta la strada del torrente Lumiei che però a conti fatti è più bella. Uno sguardo alla diga di Lumiei e via attraverso Sauris verso la Sella di Razzo (vado come un missile!). So che la strada di Forcella Lavardet che porta a Santo Stefano di Cadore è chiusa ma ci sarebbe la speranza di arrivare fino allo spettacolare, mai percorso tratto a tornanti, tuttavia sia il cartello che indica che la strada è chiusa 300 metri dopo il bivio, sia lo stato pietoso dell’asfalto mi fanno giustamente desistere: temo che questa strada non verrà mai ripristinata.
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Valico la Sella Ciampigotto e arrivo ad Auronzo, dove si vedono d’infilata le Tre Cime di Lavaredo: qui termina la ben a me nota SS48 “delle Dolomiti” che attraverso passo Tre Croci, Cortina d’Ampezzo, Livinallongo, passo Pordoi, val di Fassa e Val di Fiemme arriva a Ora, nella valle dell’Adige… ma il tratto da Auronzo a Cortina mi mancava proprio. Irrinunciabile la sosta-pappa in riva al lago di Misurina alle 13.30.
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… perché la quarta ipotesi che mi si è formata stamattina è fattibile: punto verso Tarvisio, a Chiusaforte entro nel Canale di Raccolana, valico la Sella Nevea, arrivo al lago del Predil, salgo al passo e sconfino in Slovenia. Pochi chilometri e arrivo al bivio per il monte Mangart lungo una strada a pedaggio. I due motorrader tedeschi davanti a me fanno inversione alla sbarra, evidentemente i 10 € del pedaggio (che n effetti pochi non sono, per 10 km) non stanno loro bene. L’addetto mi segnala che l’anello sommitale non è percorribile per frana ma si arriva comunque al rifugio a millenovecento metri. E così un’altra strada alpina è stata percorsa.
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Scendo a Tarvisio ammirando il bellissimo monte Cinque Punte da Cave del Predil (dovrò visitarle prima o poi), stranamente (col senno di poi) rinuncio all’andare a vedere la stazione di Boscoverde e scendo verso Pontebba: lì potrei prendere la strada della Val d’Aupa attraverso la Sella Cereschiatis o anche la più lunga strada per il Passo Cason di Lanza ma sono già le 17 e la stanchezza inizia a farsi sentire. Tiro dritto per la SS13 e arrivo all’hotel Park Oasi di Arta Terme, prenotato via Booking: doccia, bagno turco, doccia emozionale, spritz, cena di piatti locali e nanna…
(continua)
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Carnia e Cadore
Premessa per gli Admin... che rottura la limitazione di cinque allegati per post!
Cosa scrivevo nell’ultimo report sull’alzare l’asticella?
Che potevo provare con le Dolomiti?
Peggio… ci ho provato con la Carnia!
L’idea di un ritorno in Carnia me la conservavo da anni in un cassetto della mente, precisamente da quell’agosto del 2011 quando kiosul mi aveva portato per un paio di giorni in giro: da allora pensavo di tornare a Pesariis per vedere lo svuotamento dell’Orologio a Vasche d’Acqua alle ore 12.
Negli anni si era anche abbozzata su un foglietto l’idea di un giro “idroelettrico”, foglietto rimasto attaccato con una graffetta all’atlante per anni: bene, continuiamo a scrivere! Settimana scorsa, atlante alla mano, provo a buttare giù un po’ di tappe: prima ipotesi, seconda ipotesi, ci spingiamo più in là? Buona la terza, che diventerà una quarta non sulla carta ma in mente mentre sono in autostrada.
Partenza sabato 3 settembre prima dell’alba, colazione a casa, alle 6 ho già fatto il pieno di benzina. “Seconda” prima colazione quasi a San Donà di Piave, alle 10.20 sono a Tolmezzo… ma quanto è lontano il profondo Nordest!
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Prima tappa ovviamente Pesariis, il Paese degli Orologi nella Valle del Tempo: arrivo poco dopo le undici, mi ri-aggiro tra i vari orologi, assisto finalmente al “battere” del mezzogiorno dell’Orologio a Vasche d’Acqua, ri-visito il Museo dell’Orologeria, pranzo con un ottimo frico con polenta e dopo due ore dall’arrivo riparto tornando sui miei passi: sì, torno a Tolmezzo…
(continua)Tag: Nessuno
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