Ed ecco il diario di viaggio del mio coast to coast appena concluso, undicimiladuecento chilometri tra New York e San Francisco, 14 stati attraversati a bordo della mia splendida Africa Twin, le foto le pubblicherò appena possibile sul mio sito e le linkerò su questo topic.
spero di fare cosa gradita e di non annoiarvi troppo
Giorno 1 – 27 Agosto 2009
Stati: New York
Primo giorno sul suolo americano, smaltite le 9 ore di volo tanto temute e un po’ di jet-lag ci dedichiamo alla visita della città per eccellenza, perchè è vero che il giro turistico di Manhattan è quanto di più ordinario ci sia, ma è anche vero che la metropoli più famosa del mondo di ordinario non ha proprio un bel niente.
La statua della libertà sembra salutare i fantasmi di coloro che arrivavano via mare con la speranza di una nuova vita nella terra delle opportunità, il nuovo mondo che nei racconti della gente del vecchio continente faceva concorrenza alla terra promessa ma che in realtà nascondeva insidie e delusioni, la prima delle quali poteva manifestarsi non appena superata la tanto agognata statua, alle selezioni della famigerata Ellis Island.
Ma è sulla riva opposta che si mettono i piedi sulla vera Manhattan, quella spaccata in due dalla Broadway Avenue, da percorrere rigorosamente a piedi con il naso rivolto verso l’alto ad osservare i contrasti delle ombre e dei riflessi dei moderni grattacieli tutti in vetro, che si contrappongono agli edifici più antichi tra cui spicca nella sua bellezza gotica Trinity Church con il suo cimitero rimasto immutato da due secoli e oggi utilizzato come giardino pubblico, con le panchine in mezzo alle antiche lapidi, che sembra messo lì a ricordare cosa doveva essere quello scorcio dell’isola in un tempo non così remoto.
Solo pochi isolati più in là si scorge la profonda ferita di Ground Zero, un immenso spazio vuoto che sa di desolazione in mezzo ai palazzi sopravvissuti, in cui si scorge a malapena il cantiere del futuro edificio che ricorderà ai nostri nipoti quello che noi che abbiamo vissuto quei momenti non potremo mai dimenticare.
E poi su, verso la decaduta Times Square, che di giorno mostra tutto il suo degrado ben nascosto dalle luci brillanti della sera, e via sull’Empire State Building, ad osservare dall’alto le cose straordinarie appena toccate con mano.
Giorno 2 – 28 Agosto 2009 New York - Albany
Stati: New York
Km: 200
La giornata inizia con le cattive notizie ricevute dall’agenzia che si occupa di sdoganare la moto, il container è bloccato da un intoppo burocratico, visto il buongiorno non ci saremmo mai aspettati di salire sulla moto da lì a poche ore come invece è capitato grazie alla solerzia della ragazza che si occupava della nostra pratica. Finalmente si parte in sella alla nostra moto sul suolo americano, una sensazione che richiederà parecchi giorni prima che io la riesca a realizzare appieno.
Le strade per allontanarsi da New York sono trafficate come ci si poteva immaginare, ma la compagna indesiderata di questo inizio del viaggio è la pioggia, insistente e noiosa come una vecchia suocera, che ci accompagnerà fino al motel di fine tappa, nei pressi di Albany, dove a riscaldarci e a tirar su il morale ci attendono una bella stanza nuova e pulita e un’ottima cena preparata dalla coppia che gestisce il ristorantino vicino al motel, semplice e pieno di gente nella migliore tradizione della provincia americana.
Giorno 3 – 29 Agosto 2009 Albany – Niagara Falls
Stati: New York
Km: 670
Per non smentire la fama di buone forchette ripetiamo la visita al ristorantino per la colazione, ottima ed abbondante, e partiamo sotto la ormai solita pioggia battente, che presto si trasformerà in un fortissimo temporale che ci bagnerà fino al midollo. Abbandoneremo la pioggia solo in prossimità delle cascate del Niagara, che una bolla di bel tempo ci consentirà di visitare con calma nel pomeriggio.
Inutile descrivere la grandezza di questo spettacolo, una sensazione che coinvolge tutti i sensi e che va provata in prima persona, foto e filmati non possono rendere giustizia a tanta forza della natura.
Ad arricchire ulteriormente quest’esperienza c’è la possibilità di attraversare il confine posto sul ponte prospiciente le cascate, il versante canadese è il più bello perché beneficia della migliore posizione e la sera offre anche una coinvolgente illuminazione multicolore delle cascate, da non perdere assolutamente.
Dopo tanta bellezza si va a nanna in uno squallido motel sul versante americano, incredibilmente fatiscente, ma i prezzi dei locali decenti in questa zona sono per noi inavvicinabili.
Giorno 4 – 30 Agosto 2009 Niagara Falls - Freemont
Stati:New York, Pennsylvania, Ohio, Indiana
Km 630
Il pallido sole che ci sveglia la mattina è solo una mera illusione, dopo nemmeno cinquanta miglia è lì ad attenderci la cara amica pioggia, con temporali di forza inaudita per lo standard europeo alternati a pioggia più lieve, spesso accompagnati da folate di vento che attentano diabolicamente al nostro equilibrio precario.
Attraversati lo scorcio della verde Pennsylvania e buona parte del’Ohio finalmente rivediamo il sole, che ci accompagnerà allo splendido campeggio di Freemont, nel bel mezzo sperduto dell’Indiana. Nemmeno il tempo di fermarci all’ingresso del campeggio e ci raggiunge un ragazzo a bordo del classico mega-pickup e ci confessa di averci seguiti per vedere da vicino la nostra moto, un modello mai importato in america e che lui aveva visto solo sui giornali.
Il lieto fine della giornata richiederebbe un meritato riposo ma l’umidità e la temperatura eccezionalmente rigida per questa stagione trasformano la nostra tenda in un frigorifero. Urgono sacchi a pelo invernali.
Giorno 5 – 31 Agosto 2009 Freemont - Manchester
Stati: Indiana, Illinois, Iowa
Km 650
Stanchi ed infreddoliti riprendiamo il cammino verso ovest, aiutati dal pallido sole che sembra non riuscire a rompere il freddo del mattino e che ci seguirà per tutto il giorno giocando a nascondino tra le nuvole.
Passato il traffico congestionato della tangenziale di Chicago e tirato indietro l’orologio a causa del fuso orario ci lasciamo cullare dalle dolci colline dell’Illinois, affacciandoci di tanto in tanto sulle ordinate cittadine tra cui spicca sicuramente Galena, una perla incastonata nei pendii verde zaffiro.
Complici le temperature ancora basse e la scarsità di campeggi nelle vicinanze approdiamo ad un ottimo motel di Manchester, Iowa, sicuramente il migliore incontrato finora oltre ad essere il più economico, tale da far quasi concorrenza ai campeggi.
Giorno 6 – 1 Settembre 2009 Manchester – Sioux Falls
Stati: Iowa, Minnesota, South Dakota
Km 570
Freschi , riposati e rifocillati da una robusta colazione ci dirigiamo verso la nostra solita meta, il west, sotto un cielo per la prima volta limpido e di un azzurro tenue, non ricordo di averlo mai visto così chiaro in europa.
Il viaggio in sé non offre grandi spunti trattandosi dell’attraversamento delle grandi pianure, eppure anche loro hanno un fascino discreto, sentire il motore ronzare allo stesso ipnotico numero di giri, la strada dritta con dolci saliscendi visibili solo a distanza, l’esercito di nuvole schierate nel cielo che sembrano quasi imitare i milioni di dischi volanti pronti ad invadere la terra di certi film di fantascienza, rendono le centinaia di miglia percorse meno noiose di quello che si potrebbe pensare.
Tappa a Sioux Falls per accamparci nuovamente in un campeggio decoroso lungo la interstate, fare il bucato e comprare i provvidenziali sacchi a pelo invernali, oltre a concederci un delizioso ed economico filetto in una provvidenziale steakhouse.
Il capitolo prezzi costituisce infatti un grande vantaggio degli stati uniti rispetto all’europa, tranne rari casi come i motel di Niagara Falls comunque allineati ai nostri, certo il cambio attuale intorno al dollaro a quaranta per un euro fa la sua parte, comunque qui si mangia con dieci euro a testa e si dorme in motel accoglienti anche con meno di quaranta euro, la benzina per quanto aumentata molto negli ultimi anni costa comunque poco, intorno ai cinquanta centesimi di euro al litro, ed i generi acquistabili nei supermercati sono decisamente più economici che da noi, sia gli alimentari che l’abbigliamento e le scarpe, dai dodici euro per un jeans Wrangler ai dieci euro per un paio di scarpe da jogging dignitose.
Tornati in campeggio veniamo avvicinati da una simpatica coppia di olandesi sopra la cinquantina incuriositi dal nostro modo di viaggiare, lui vulcanologo e docente di vulcanologia e lei geologa, docente all’università di Yale, entrambi in anno sabbatico a zonzo per l’america con un piccolo camper.
Quattro chiacchiere in un idioma misto tra l’inglese e l’italiano, che loro conoscono molto bene per aver vissuto nel nostro paese, e poi a nanna a collaudare il nuovo giaciglio.
Giorno 7 – 2 Settembre 2009 Sioux Falls – Custer
Stati: South Dakota
Km 680
Fuori dalla tenda ci accolgono una temperatura novembrina e un cielo coperto di pessimo auspicio, rassegnati all’ennesima doccia fuori programma ci imbacucchiamo di tutto punto e ci rimettiamo in strada, per fermarci dopo un centinaio di chilometri a fare una pantagruelica colazione.
Incredibilmente il tempo migliora e continuerà a farlo per tutta la giornata, costringendoci finalmente a spogliarci strato dopo strato.
Le grandi pianure sono lì davanti a noi, sempre uguali ma mai monotone, a tenerci compagnia c’è il vento laterale, prima da sud per centinaia di chilometri e poi da nord, quasi a volerci prendere un po’ in giro mentre procediamo con la moto piegata in rettilineo, e ogni volta che un camion a doppio rimorchio ci sorpassa alla velocità di centoquaranta all’ora proviamo una sensazione molto simile agli sberloni dei vecchi film di Bud Spencer e Terence Hill, c’è poco da annoiarsi.
Bisogna infatti smentire la convenzione inculcataci da film e telefilm che gli americani vadano piano, innanzi tutto i limiti sono differenziati in base al tipo di strada, fuori dalle città variano dalle 55 alle 65 fino alle 75 miglia orarie, queste ultime corrispondenti a 120 chilometri all’ora, e tutti viaggiano costantemente a venti chilometri più del limite, probabilmente confidando nelle tolleranze degli autovelox, ma la cosa impressionante è che proprio tutti viaggiano a 140, anche i camion a doppio rimorchio, simili ad un nostro bilico con un altro rimorchio attaccato dietro, oppure i pick-up che trainano i trailers, enormi roulottes a tre assi, che a loro volta trainano un carrello con sopra un fuoristrada da due tonnellate, o ancora i camper, che qui sono autobus che superano i 14 metri, che trainano le auto direttamente con le ruote a terra, con un sistema ingegnoso che mette in funzione freni, servosterzo e luci dell’auto comandati da quelli del camper.
Un altro fuso orario attraversato ed un’altra ora guadagnata, e finalmente si devia dalla interstate e ci si tuffa nel parco nazionale delle Badlands.
Ormai siamo vestiti estivi e le temperature sfiorano i trenta gradi, un panorama lunare si apre dinanzi a noi, aspro e inospitale come il nome lasciava presagire, ma allo stesso tempo bellissimo e attraversato da una strada con un sacco di curve, era ora!
Sorpresa delle sorprese una parte delle strade del parco è sterrata, ci tuffiamo senza remore in una cinquantina di chilometri di pista battuta nel panorama desertico, galleggiando sulla terra sempre oltre i cento all’ora e osservando negli specchietti la nuvola di polvere che ci rincorre, riusciamo anche a divertirci nonostante la moto stracarica.
Rotta quindi verso le Black Hills per accamparci proprio sotto il monumento dedicato a Crazy Horse, a due passi da Custer.
spero di fare cosa gradita e di non annoiarvi troppo
Giorno 1 – 27 Agosto 2009
Stati: New York
Primo giorno sul suolo americano, smaltite le 9 ore di volo tanto temute e un po’ di jet-lag ci dedichiamo alla visita della città per eccellenza, perchè è vero che il giro turistico di Manhattan è quanto di più ordinario ci sia, ma è anche vero che la metropoli più famosa del mondo di ordinario non ha proprio un bel niente.
La statua della libertà sembra salutare i fantasmi di coloro che arrivavano via mare con la speranza di una nuova vita nella terra delle opportunità, il nuovo mondo che nei racconti della gente del vecchio continente faceva concorrenza alla terra promessa ma che in realtà nascondeva insidie e delusioni, la prima delle quali poteva manifestarsi non appena superata la tanto agognata statua, alle selezioni della famigerata Ellis Island.
Ma è sulla riva opposta che si mettono i piedi sulla vera Manhattan, quella spaccata in due dalla Broadway Avenue, da percorrere rigorosamente a piedi con il naso rivolto verso l’alto ad osservare i contrasti delle ombre e dei riflessi dei moderni grattacieli tutti in vetro, che si contrappongono agli edifici più antichi tra cui spicca nella sua bellezza gotica Trinity Church con il suo cimitero rimasto immutato da due secoli e oggi utilizzato come giardino pubblico, con le panchine in mezzo alle antiche lapidi, che sembra messo lì a ricordare cosa doveva essere quello scorcio dell’isola in un tempo non così remoto.
Solo pochi isolati più in là si scorge la profonda ferita di Ground Zero, un immenso spazio vuoto che sa di desolazione in mezzo ai palazzi sopravvissuti, in cui si scorge a malapena il cantiere del futuro edificio che ricorderà ai nostri nipoti quello che noi che abbiamo vissuto quei momenti non potremo mai dimenticare.
E poi su, verso la decaduta Times Square, che di giorno mostra tutto il suo degrado ben nascosto dalle luci brillanti della sera, e via sull’Empire State Building, ad osservare dall’alto le cose straordinarie appena toccate con mano.
Giorno 2 – 28 Agosto 2009 New York - Albany
Stati: New York
Km: 200
La giornata inizia con le cattive notizie ricevute dall’agenzia che si occupa di sdoganare la moto, il container è bloccato da un intoppo burocratico, visto il buongiorno non ci saremmo mai aspettati di salire sulla moto da lì a poche ore come invece è capitato grazie alla solerzia della ragazza che si occupava della nostra pratica. Finalmente si parte in sella alla nostra moto sul suolo americano, una sensazione che richiederà parecchi giorni prima che io la riesca a realizzare appieno.
Le strade per allontanarsi da New York sono trafficate come ci si poteva immaginare, ma la compagna indesiderata di questo inizio del viaggio è la pioggia, insistente e noiosa come una vecchia suocera, che ci accompagnerà fino al motel di fine tappa, nei pressi di Albany, dove a riscaldarci e a tirar su il morale ci attendono una bella stanza nuova e pulita e un’ottima cena preparata dalla coppia che gestisce il ristorantino vicino al motel, semplice e pieno di gente nella migliore tradizione della provincia americana.
Giorno 3 – 29 Agosto 2009 Albany – Niagara Falls
Stati: New York
Km: 670
Per non smentire la fama di buone forchette ripetiamo la visita al ristorantino per la colazione, ottima ed abbondante, e partiamo sotto la ormai solita pioggia battente, che presto si trasformerà in un fortissimo temporale che ci bagnerà fino al midollo. Abbandoneremo la pioggia solo in prossimità delle cascate del Niagara, che una bolla di bel tempo ci consentirà di visitare con calma nel pomeriggio.
Inutile descrivere la grandezza di questo spettacolo, una sensazione che coinvolge tutti i sensi e che va provata in prima persona, foto e filmati non possono rendere giustizia a tanta forza della natura.
Ad arricchire ulteriormente quest’esperienza c’è la possibilità di attraversare il confine posto sul ponte prospiciente le cascate, il versante canadese è il più bello perché beneficia della migliore posizione e la sera offre anche una coinvolgente illuminazione multicolore delle cascate, da non perdere assolutamente.
Dopo tanta bellezza si va a nanna in uno squallido motel sul versante americano, incredibilmente fatiscente, ma i prezzi dei locali decenti in questa zona sono per noi inavvicinabili.
Giorno 4 – 30 Agosto 2009 Niagara Falls - Freemont
Stati:New York, Pennsylvania, Ohio, Indiana
Km 630
Il pallido sole che ci sveglia la mattina è solo una mera illusione, dopo nemmeno cinquanta miglia è lì ad attenderci la cara amica pioggia, con temporali di forza inaudita per lo standard europeo alternati a pioggia più lieve, spesso accompagnati da folate di vento che attentano diabolicamente al nostro equilibrio precario.
Attraversati lo scorcio della verde Pennsylvania e buona parte del’Ohio finalmente rivediamo il sole, che ci accompagnerà allo splendido campeggio di Freemont, nel bel mezzo sperduto dell’Indiana. Nemmeno il tempo di fermarci all’ingresso del campeggio e ci raggiunge un ragazzo a bordo del classico mega-pickup e ci confessa di averci seguiti per vedere da vicino la nostra moto, un modello mai importato in america e che lui aveva visto solo sui giornali.
Il lieto fine della giornata richiederebbe un meritato riposo ma l’umidità e la temperatura eccezionalmente rigida per questa stagione trasformano la nostra tenda in un frigorifero. Urgono sacchi a pelo invernali.
Giorno 5 – 31 Agosto 2009 Freemont - Manchester
Stati: Indiana, Illinois, Iowa
Km 650
Stanchi ed infreddoliti riprendiamo il cammino verso ovest, aiutati dal pallido sole che sembra non riuscire a rompere il freddo del mattino e che ci seguirà per tutto il giorno giocando a nascondino tra le nuvole.
Passato il traffico congestionato della tangenziale di Chicago e tirato indietro l’orologio a causa del fuso orario ci lasciamo cullare dalle dolci colline dell’Illinois, affacciandoci di tanto in tanto sulle ordinate cittadine tra cui spicca sicuramente Galena, una perla incastonata nei pendii verde zaffiro.
Complici le temperature ancora basse e la scarsità di campeggi nelle vicinanze approdiamo ad un ottimo motel di Manchester, Iowa, sicuramente il migliore incontrato finora oltre ad essere il più economico, tale da far quasi concorrenza ai campeggi.
Giorno 6 – 1 Settembre 2009 Manchester – Sioux Falls
Stati: Iowa, Minnesota, South Dakota
Km 570
Freschi , riposati e rifocillati da una robusta colazione ci dirigiamo verso la nostra solita meta, il west, sotto un cielo per la prima volta limpido e di un azzurro tenue, non ricordo di averlo mai visto così chiaro in europa.
Il viaggio in sé non offre grandi spunti trattandosi dell’attraversamento delle grandi pianure, eppure anche loro hanno un fascino discreto, sentire il motore ronzare allo stesso ipnotico numero di giri, la strada dritta con dolci saliscendi visibili solo a distanza, l’esercito di nuvole schierate nel cielo che sembrano quasi imitare i milioni di dischi volanti pronti ad invadere la terra di certi film di fantascienza, rendono le centinaia di miglia percorse meno noiose di quello che si potrebbe pensare.
Tappa a Sioux Falls per accamparci nuovamente in un campeggio decoroso lungo la interstate, fare il bucato e comprare i provvidenziali sacchi a pelo invernali, oltre a concederci un delizioso ed economico filetto in una provvidenziale steakhouse.
Il capitolo prezzi costituisce infatti un grande vantaggio degli stati uniti rispetto all’europa, tranne rari casi come i motel di Niagara Falls comunque allineati ai nostri, certo il cambio attuale intorno al dollaro a quaranta per un euro fa la sua parte, comunque qui si mangia con dieci euro a testa e si dorme in motel accoglienti anche con meno di quaranta euro, la benzina per quanto aumentata molto negli ultimi anni costa comunque poco, intorno ai cinquanta centesimi di euro al litro, ed i generi acquistabili nei supermercati sono decisamente più economici che da noi, sia gli alimentari che l’abbigliamento e le scarpe, dai dodici euro per un jeans Wrangler ai dieci euro per un paio di scarpe da jogging dignitose.
Tornati in campeggio veniamo avvicinati da una simpatica coppia di olandesi sopra la cinquantina incuriositi dal nostro modo di viaggiare, lui vulcanologo e docente di vulcanologia e lei geologa, docente all’università di Yale, entrambi in anno sabbatico a zonzo per l’america con un piccolo camper.
Quattro chiacchiere in un idioma misto tra l’inglese e l’italiano, che loro conoscono molto bene per aver vissuto nel nostro paese, e poi a nanna a collaudare il nuovo giaciglio.
Giorno 7 – 2 Settembre 2009 Sioux Falls – Custer
Stati: South Dakota
Km 680
Fuori dalla tenda ci accolgono una temperatura novembrina e un cielo coperto di pessimo auspicio, rassegnati all’ennesima doccia fuori programma ci imbacucchiamo di tutto punto e ci rimettiamo in strada, per fermarci dopo un centinaio di chilometri a fare una pantagruelica colazione.
Incredibilmente il tempo migliora e continuerà a farlo per tutta la giornata, costringendoci finalmente a spogliarci strato dopo strato.
Le grandi pianure sono lì davanti a noi, sempre uguali ma mai monotone, a tenerci compagnia c’è il vento laterale, prima da sud per centinaia di chilometri e poi da nord, quasi a volerci prendere un po’ in giro mentre procediamo con la moto piegata in rettilineo, e ogni volta che un camion a doppio rimorchio ci sorpassa alla velocità di centoquaranta all’ora proviamo una sensazione molto simile agli sberloni dei vecchi film di Bud Spencer e Terence Hill, c’è poco da annoiarsi.
Bisogna infatti smentire la convenzione inculcataci da film e telefilm che gli americani vadano piano, innanzi tutto i limiti sono differenziati in base al tipo di strada, fuori dalle città variano dalle 55 alle 65 fino alle 75 miglia orarie, queste ultime corrispondenti a 120 chilometri all’ora, e tutti viaggiano costantemente a venti chilometri più del limite, probabilmente confidando nelle tolleranze degli autovelox, ma la cosa impressionante è che proprio tutti viaggiano a 140, anche i camion a doppio rimorchio, simili ad un nostro bilico con un altro rimorchio attaccato dietro, oppure i pick-up che trainano i trailers, enormi roulottes a tre assi, che a loro volta trainano un carrello con sopra un fuoristrada da due tonnellate, o ancora i camper, che qui sono autobus che superano i 14 metri, che trainano le auto direttamente con le ruote a terra, con un sistema ingegnoso che mette in funzione freni, servosterzo e luci dell’auto comandati da quelli del camper.
Un altro fuso orario attraversato ed un’altra ora guadagnata, e finalmente si devia dalla interstate e ci si tuffa nel parco nazionale delle Badlands.
Ormai siamo vestiti estivi e le temperature sfiorano i trenta gradi, un panorama lunare si apre dinanzi a noi, aspro e inospitale come il nome lasciava presagire, ma allo stesso tempo bellissimo e attraversato da una strada con un sacco di curve, era ora!
Sorpresa delle sorprese una parte delle strade del parco è sterrata, ci tuffiamo senza remore in una cinquantina di chilometri di pista battuta nel panorama desertico, galleggiando sulla terra sempre oltre i cento all’ora e osservando negli specchietti la nuvola di polvere che ci rincorre, riusciamo anche a divertirci nonostante la moto stracarica.
Rotta quindi verso le Black Hills per accamparci proprio sotto il monumento dedicato a Crazy Horse, a due passi da Custer.
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