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“Sa, Capitano Archer? La mia astronave ha lo stesso nome del primo rompighiaccio che circumnavigò Andoria”
(Thy’Lek Shran, Capitano della Guardia Imperiale Andoriana e comandante della Kumari, in un episodio di “Star Trek: Enterprise”)
Per un appassionato di fantascienza ascoltare racconti e aneddoti di bordo narrati da un marinaio della MM è come catapultarsi nella vita quotidiana dei protagonisti di film e serie televisive. Come ben descritto nelle numerose serie di Star Trek, anche su una astronave c’è un equipaggio più o meno numeroso con i suoi ruoli e gerarchie: Capitano, Primo Ufficiale, Ufficiale di Rotta, Direttore di Macchina, Medico di bordo, Marconista (certo che avere unA Ufficiale TLC come Nyota Uhura o Hoshi Sato…) tutti dediti a condurre in missione il vascello in un ambiente non naturale per l’Uomo; in “Star Trek: Enterprise” il Capitano stesso si rivolge ai suoi uomini come “marinai”, lo stesso per gli equipaggi di navi aliene (“indossavano la divisa, erano marinai!” nel rendere onore all’equipaggio trucidato di una nave alla deriva).
Una nave in mezzo al mare è anch’essa circondata da un ambiente difficile, ostile, pericoloso. Per non parlar di un sottomarino: perbacco, quello sì che è “un’astronave”, un tubo a motore immerso e circondato dall’acqua: sarà per questo che al Bian piacciono molto i film sui sommergibili? E non parlo solo delle grandi produzioni Hollywoodiane a partire dal divertentissimo “Operazione sottoveste” per arrivare a “Caccia a Ottobre Rosso”, “Allarme Rosso” e “Hunter Killer”, ma perché no anche a “K-19”, “U-571” e “Black Sea” dove all’interno dell’action movie si dipingono pennellate di umano dramma, ma anche a piccole chicche dimenticate come “Uomini sul fondo” o il tristissimo “Lupi nell’abisso”.
Ci sono marinai che non sono mai entrati in un sottomarino. Io ho visitato due volte l’S506 “Enrico Toti” esposto al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano: una volta a bordo ci si rende conto di come deve essere la vita per settimane (o più) di venticinque persone in spazi tanto angusti e scomodi, come se le apparecchiature avessero più diritto di posto dei marinai.
“Ma perché ci racconti tutto questo in un forum di mototurismo?” Perché in fondo di mototuristico in questo weekend c’è stato poco e lo riassumiamo in poche righe: “sollecitazione” di Fabio mod4ever , trasferimento autostradale da Milano a La Spezia, incontro con i Marinai Motociclisti (dei quali sono ora Socio Simpatizzante), pranzo sulla chiatta “Il Gabbiano” (con tanto di moto ondoso, seppur lieve), scorta alla Befana (arrivata dal mare) lungo le strade della città insieme al Vespa Club, alle auto e ai pullman storici, cena tipica a base di panigacci e, dopo il pernottamento, ritorno autostradale sotto la pioggerellina. Fatto questo riassunto, ciò che più è rimasto impresso è il piacere del tempo passato con i Marinai Motociclisti (dal sottoufficiale all’Ammiraglio) ad ascoltare le storie passate e ad assaporare quello spirito sia “di corpo” (formale) che cameratesco (informale) che accomuna un centinaio di uomini su un guscio di noce nel ventre del mare:
“L’Alliance era una nave forte e grande. Il mare non l’avrebbe mai vinta. Ci vogliono tremila querce per costruire una nave così. Una foresta galleggiante. […] Ho visto navi splendide lottare con tempeste feroci, e ne ho viste alcune arrendersi e scomparire in onde alte come castelli. Era come un duello. Bellissimo”
(Alessandro Baricco, romanzo “Oceano mare”).
Già, è proprio come dice Marco Paolini nel monologo “Vajont”: “… uno poi magari diventa antimilitarista, però quando vede la portaerei…” e la faccina vuol proprio significare l’espressione di stupore del bambino, ma anche dell’adulto: sguardo in alto, occhi sbarrati e mascella che cade davanti a quel palazzo galleggiante. Puoi essere un appassionato di ferrovie, ma non c’è locomotiva che tenga. Puoi essere un aviere in congedo, ma non c’è aereo che tenga. La Nave col suo equipaggio che brulica dalla Plancia alla Sala Macchine è qualcosa che ti affascina. E non me ne frega niente delle navi da crociera, alberghi-formicai galleggianti, no. Della Marina mercantile mi “prendono” le grandi petroliere (caspita, il “Nostromo” del film “Alien” è il rimorchiatore di una raffineria…), le metaniere, i rigassificatori, le navi oceanografiche… E le navi militari? Beh, al Bian qualcosa di marziale dentro è rimasto e non ha colore: non è questione –appunto- di essere antimilitarista o guerrafondaio per parte politica: io quando vedo passare le FFAA con il Tricolore mi commuovo… figurarsi il vedere anche la sola clip di Nave Cavour che esce dal Mar Piccolo.
Ho divagato alquanto rischiando di omettere altre parti colorite e più leggere della giornata: partito quasi senza anticipo rispetto al poter attendere a velocità codice l’appuntamento con Andrea a Medesano Ovest, sono stato rallentato da un bel banco di nebbia (banco? Lì c’erano cinque file di banchi più la cattedra e la lavagna!) confermando così la precisa ragione per la scelta del nickname “Bianconiglio” quasi trent’anni fa (“zampette mie baffi miei, com’è tardi!” si lamenta passando accanto ad Alice), non l’ho certo tirato fuori dal cappello (* cit.) anche se, qualora il cappello fosse stato a cilindro, ci sarebbe stato a pennello.
Nel primo tratto di A15, complici assenza sia di traffico che di tutor/autovelox ho aperto un po’ (“ma guarda, la lancetta del tachimetro arriva davvero a duec…”) contenendo il ritardo in quattro minuti. Dopo il rifornimento ripartiamo e il motore inizia a fare i capriccetti, ogni tanto perde colpi: benzina “sporca?” O magari è stata la tirata a 9500 rpm? Giunti ad Aulla e incontrati Fabio e Giuseppe coi quali ci dirigiamo a La Spezia, ai bassi regimi il motore gira anche peggio. Stai a vedere che c’è un problema elettrico? La pompa della benzina? O magari il regolatore se n’è andato a donne di facili consumi?
Arriviamo comunque al Molo Italia: il pranzo al “Gabbiano” e l’incontro prima dell’arrivo della Befana sono stati occasione di rivedere recenti conoscenze della MotoPorkata (Roberto, Romeo, Gianfranco) e socializzare con altri (tra cui Nunzio e Lallo).
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Briefing pre-sfilata con i VVUU: Fabio “viene offerto volontario” (o vittima sacrificale) come referente (o repellente). Viene stabilito con la comandantessa della pattuglia di VVUU che, appena partito il Maggiolino cabrio con la Befana, esso sarà seguito nell’ordine dalle Vespe, dalle moto, indi dalle auto d’epoca e infine dai pullman. Come sempre poche idee riescono a essere ben confuse e la Befana sarà seguita dalle infilatesi auto d’epoca che tapperanno tutto, quando invece moto e Vespe avrebbero potuto presidiare gli incroci in anticipo. Fabio si prodigherà come staffetta ma scopriremo che il suo profondersi in tale compito è catalizzato dalle forme armoniose e della postura in sella di una moto vigilessa che nell’avviare il suo mezzo arcua seducentemente la schiena. Intanto la moto del Bian gira come un orologio, vai a sapere… avrà digerito?
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Finita la sfilata, dopo una breve passeggiata sulla banchina ammirando i mezzi esposti, io e Fabio partiamo alla volta di Albiano Magra ma dopo alcuni minuti di rotazione regolare il mio motore comincia a tossire, si accende un albero di Natale di luci rosse sul quadro, due belle”sparate” dallo scappamento e pluf, spento, morto. L’assistenza stradale della FMI è disorganizzata e non ha il sistema informativo aggiornato: la tessera rinnovata online con successo giusto la sera prima a loro non risulta. Passa Andrea che si dirigeva verso l'autostrada, si ferma, in tre si aspetta meglio. Intanto il quadro riprende vita ma il motorino di avviamento non ce la fa più… per forza, pirla che sei, Bian… hai tentato tre avviamenti col cavalletto laterale estratto, lo sai che così non parte! Telefonata di Fabio e in dieci minuti arriva Paolo col Booster: un cicchetto e la moto parte subito, la ricoveriamo nel box di Fabio e la mettiamo sotto carica dopo pulizia dei contatti e possibile diagnosi: batteria quasi decennale (da museo, involucro in bachelite) magari “provata” da un possibile survoltaggio della corsa di ieri. L’indomani mattina sarà carica, la moto si avvierà senza esitazioni e il motore girerà come un gattino per tutto il tranquillo viaggio di ritorno. A questo punto il brutto tempo è consolante, sarebbe stato un peccato rinunciare a un giro in Riviera col sole ma col rischio di un guasto che avrebbe potuto accadere. In settimana cambierò la batteria.
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E per concludere, prima la spiegazione della (*) citazione precedente:
Brock le lanciò un’occhiata incuriosita. “Lei stessa ha una mente strana, Madre. Non sapevo che le suore si intendessero di delitti fino a questo punto”
“Maggiore” disse pacatamente la suora, “quando ho preso i voti, il nome Maria Maddalena l’ho scelto per una ragione precisa. Non l’ho certo tirato fuori dal cappello”
(“Un minimo di intelligenza”, racconto breve di Randall Garrett)
E poi, per chiudere con un sorriso… dialogo (a memoria, non ricordo le parole esatte) tra il capitano Picard e il suo primo ufficiale Riker nel film “Star Trek: Primo Contatto”: cerimonia di promozione a Cdr. del Lt.Cdr. Worf a bordo della HMS “Enterprise”, replicata sul ponte ologrammi. Tutto l’equipaggio in uniforme d’epoca della marina inglese del XIX secolo.
Cpt. Picard, sognante: “Ma ci pensa, Numero Uno, come doveva essere una volta solcare il mare a bordo di queste navi? Solo il vento e le stelle…”
Cdr. Riker, sarcastico “Cibo immangiabile, disciplina brutale, niente donne…”
Tutte le foto QUI
“Sa, Capitano Archer? La mia astronave ha lo stesso nome del primo rompighiaccio che circumnavigò Andoria”
(Thy’Lek Shran, Capitano della Guardia Imperiale Andoriana e comandante della Kumari, in un episodio di “Star Trek: Enterprise”)
Per un appassionato di fantascienza ascoltare racconti e aneddoti di bordo narrati da un marinaio della MM è come catapultarsi nella vita quotidiana dei protagonisti di film e serie televisive. Come ben descritto nelle numerose serie di Star Trek, anche su una astronave c’è un equipaggio più o meno numeroso con i suoi ruoli e gerarchie: Capitano, Primo Ufficiale, Ufficiale di Rotta, Direttore di Macchina, Medico di bordo, Marconista (certo che avere unA Ufficiale TLC come Nyota Uhura o Hoshi Sato…) tutti dediti a condurre in missione il vascello in un ambiente non naturale per l’Uomo; in “Star Trek: Enterprise” il Capitano stesso si rivolge ai suoi uomini come “marinai”, lo stesso per gli equipaggi di navi aliene (“indossavano la divisa, erano marinai!” nel rendere onore all’equipaggio trucidato di una nave alla deriva).
Una nave in mezzo al mare è anch’essa circondata da un ambiente difficile, ostile, pericoloso. Per non parlar di un sottomarino: perbacco, quello sì che è “un’astronave”, un tubo a motore immerso e circondato dall’acqua: sarà per questo che al Bian piacciono molto i film sui sommergibili? E non parlo solo delle grandi produzioni Hollywoodiane a partire dal divertentissimo “Operazione sottoveste” per arrivare a “Caccia a Ottobre Rosso”, “Allarme Rosso” e “Hunter Killer”, ma perché no anche a “K-19”, “U-571” e “Black Sea” dove all’interno dell’action movie si dipingono pennellate di umano dramma, ma anche a piccole chicche dimenticate come “Uomini sul fondo” o il tristissimo “Lupi nell’abisso”.
Ci sono marinai che non sono mai entrati in un sottomarino. Io ho visitato due volte l’S506 “Enrico Toti” esposto al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano: una volta a bordo ci si rende conto di come deve essere la vita per settimane (o più) di venticinque persone in spazi tanto angusti e scomodi, come se le apparecchiature avessero più diritto di posto dei marinai.
“Ma perché ci racconti tutto questo in un forum di mototurismo?” Perché in fondo di mototuristico in questo weekend c’è stato poco e lo riassumiamo in poche righe: “sollecitazione” di Fabio mod4ever , trasferimento autostradale da Milano a La Spezia, incontro con i Marinai Motociclisti (dei quali sono ora Socio Simpatizzante), pranzo sulla chiatta “Il Gabbiano” (con tanto di moto ondoso, seppur lieve), scorta alla Befana (arrivata dal mare) lungo le strade della città insieme al Vespa Club, alle auto e ai pullman storici, cena tipica a base di panigacci e, dopo il pernottamento, ritorno autostradale sotto la pioggerellina. Fatto questo riassunto, ciò che più è rimasto impresso è il piacere del tempo passato con i Marinai Motociclisti (dal sottoufficiale all’Ammiraglio) ad ascoltare le storie passate e ad assaporare quello spirito sia “di corpo” (formale) che cameratesco (informale) che accomuna un centinaio di uomini su un guscio di noce nel ventre del mare:
“L’Alliance era una nave forte e grande. Il mare non l’avrebbe mai vinta. Ci vogliono tremila querce per costruire una nave così. Una foresta galleggiante. […] Ho visto navi splendide lottare con tempeste feroci, e ne ho viste alcune arrendersi e scomparire in onde alte come castelli. Era come un duello. Bellissimo”
(Alessandro Baricco, romanzo “Oceano mare”).
Già, è proprio come dice Marco Paolini nel monologo “Vajont”: “… uno poi magari diventa antimilitarista, però quando vede la portaerei…” e la faccina vuol proprio significare l’espressione di stupore del bambino, ma anche dell’adulto: sguardo in alto, occhi sbarrati e mascella che cade davanti a quel palazzo galleggiante. Puoi essere un appassionato di ferrovie, ma non c’è locomotiva che tenga. Puoi essere un aviere in congedo, ma non c’è aereo che tenga. La Nave col suo equipaggio che brulica dalla Plancia alla Sala Macchine è qualcosa che ti affascina. E non me ne frega niente delle navi da crociera, alberghi-formicai galleggianti, no. Della Marina mercantile mi “prendono” le grandi petroliere (caspita, il “Nostromo” del film “Alien” è il rimorchiatore di una raffineria…), le metaniere, i rigassificatori, le navi oceanografiche… E le navi militari? Beh, al Bian qualcosa di marziale dentro è rimasto e non ha colore: non è questione –appunto- di essere antimilitarista o guerrafondaio per parte politica: io quando vedo passare le FFAA con il Tricolore mi commuovo… figurarsi il vedere anche la sola clip di Nave Cavour che esce dal Mar Piccolo.
Ho divagato alquanto rischiando di omettere altre parti colorite e più leggere della giornata: partito quasi senza anticipo rispetto al poter attendere a velocità codice l’appuntamento con Andrea a Medesano Ovest, sono stato rallentato da un bel banco di nebbia (banco? Lì c’erano cinque file di banchi più la cattedra e la lavagna!) confermando così la precisa ragione per la scelta del nickname “Bianconiglio” quasi trent’anni fa (“zampette mie baffi miei, com’è tardi!” si lamenta passando accanto ad Alice), non l’ho certo tirato fuori dal cappello (* cit.) anche se, qualora il cappello fosse stato a cilindro, ci sarebbe stato a pennello.
Nel primo tratto di A15, complici assenza sia di traffico che di tutor/autovelox ho aperto un po’ (“ma guarda, la lancetta del tachimetro arriva davvero a duec…”) contenendo il ritardo in quattro minuti. Dopo il rifornimento ripartiamo e il motore inizia a fare i capriccetti, ogni tanto perde colpi: benzina “sporca?” O magari è stata la tirata a 9500 rpm? Giunti ad Aulla e incontrati Fabio e Giuseppe coi quali ci dirigiamo a La Spezia, ai bassi regimi il motore gira anche peggio. Stai a vedere che c’è un problema elettrico? La pompa della benzina? O magari il regolatore se n’è andato a donne di facili consumi?
Arriviamo comunque al Molo Italia: il pranzo al “Gabbiano” e l’incontro prima dell’arrivo della Befana sono stati occasione di rivedere recenti conoscenze della MotoPorkata (Roberto, Romeo, Gianfranco) e socializzare con altri (tra cui Nunzio e Lallo).
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Brock le lanciò un’occhiata incuriosita. “Lei stessa ha una mente strana, Madre. Non sapevo che le suore si intendessero di delitti fino a questo punto”
“Maggiore” disse pacatamente la suora, “quando ho preso i voti, il nome Maria Maddalena l’ho scelto per una ragione precisa. Non l’ho certo tirato fuori dal cappello”
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E poi, per chiudere con un sorriso… dialogo (a memoria, non ricordo le parole esatte) tra il capitano Picard e il suo primo ufficiale Riker nel film “Star Trek: Primo Contatto”: cerimonia di promozione a Cdr. del Lt.Cdr. Worf a bordo della HMS “Enterprise”, replicata sul ponte ologrammi. Tutto l’equipaggio in uniforme d’epoca della marina inglese del XIX secolo.
Cpt. Picard, sognante: “Ma ci pensa, Numero Uno, come doveva essere una volta solcare il mare a bordo di queste navi? Solo il vento e le stelle…”
Cdr. Riker, sarcastico “Cibo immangiabile, disciplina brutale, niente donne…”
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